Parto in casa, sì o no?

Un’asserzione, quella dell’Istituto inglese, supportata da uno studio condotto da 65.000 donne dal quale emerge che i rischi che comporta un parto casalingo (ovviamente gestito da  ostetriche specializzate) sono pressoché gli stessi che comportano quelli effettuati negli ospedali, sia per le mamme che per i nascituri. Ciò, però, non è evidentemente sufficiente a convincere la Società Italiana di Neonatologia

che ha fatto sentire la sua voce attraverso il Presidente Costantino Romagnoli il quale ha affermato: “Nonostante le alte competenze che ostetriche e ginecologi possano fornire, le complicanze del parto e del post-partum non sono prevedibili in modo assoluto: ne è la prova la mole di contenziosi medico-legali che i colleghi ostetrici si trovano a dover fronteggiare. E vi assicuro che non si tratta quasi mai di malasanità!” 

Sarebbe a dire che l’assunto secondo il quale si può partorire a casa a condizione che il ginecologo abbia accertato si tratti di un parto naturale e senza complicazioni non è dimostrabile. E il timore, da parte della SIN, è che incoraggiare la pratica possa portare  a drammatiche ripercussioni sulla mortalità neonatale e un conseguente aumento dei contenziosi medico-legali.

Conclude il Presidente Romagnoli: “Penso che l’obiettivo da perseguire sia quello della garanzia della massima sicurezza dell’evento parto sia per la madre che per il neonato, incrementando la collaborazione tra tutti gli operatori del settore, coinvolgendo maggiormente le famiglie nella gestione del post-partum e dell’allattamento, incrementando la dimissione precoce in sicurezza con accurati controlli di follow-up post dimissione.

Forse questo costa di più degli 800 euro stabiliti dal decreto, ma è certamente più utile per i nostri neonati che sono il nostro futuro.” 

Il dibattito, insomma, è più che mai aperto.