Torno a parlare del 70° Congresso Italiano di Pediatria che si è svolto una decina di giorni fa a Palermo, per affrontare un tema di grande attualità che è quello dei vaccini e di una loro eventuale inutilità se non dannosità. Ebbene, per i pediatri riuniti a Palermo i dati parlano chiaro: in Italia (e non solo in Italia) si sta assistendo ad un incremento esponenziale di casi di morbillo.
Più precisamente, nel periodo che va da gennaio ad aprile 2014 si sono registrati 1047 casi di morbillo rispetto ai 700 e poco più di casi registrati l’anno precedente. Negli Stati Uniti, poi, i numeri sono ancora più allarmanti, con il più alto numero di infezioni registrato quest’anno dal 1994! Va specificato che il morbillo non è una malattia innocua come molti credono, dal momento che è responsabile in un caso su mille di encefalite, che è a sua volta causa di mortalità o danni permanenti.
Pediatri ed epidemiologi riconducono l’improvvisa ed allarmante emergenza morbillo ad una mancata copertura vaccinale, anche se non ci sono dati certi al riguardo. Una errata informazione, sopratutto su Internet, sembra essere all’origine del fenomeno delle mancate vaccinazioni. Sul banco di accusa, in particolare, una campagna virale basata sulle convinzioni di un medico inglese, tal Andrew Wakefield (radiato dall’Albo dei Medici, sottolineano i pediatri) che sostiene l’esistenza di una correlazione tra la vaccinazione MPR (quella contro il morbillo, la parotite e la rosolia) e l’insorgenza di autismo. Va detto che tale teoria ha dalla sua, tra l’altro, alcune sentenze favorevoli come una, rimasta celebre, pronunciata a Rimini nel 2012.
Concludo con le parole di Alberto G. Ugazio, Direttore del Dipartimento di Medicina Pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e Presidente della Commissione vaccini della SIP: “La democratizzazione dell’informazione genera anche falsa informazione. Il ritorno del morbillo e di altre malattie infettive, come ad esempio la pertosse in Inghilterra, è un effetto collaterale della medicina ‘postmoderna’: una medicina che non riconosce la verità scientifica, che valuta solo i rischi e non i benefici, che mette le competenze del paziente sullo stesso piano di quelle del medico. Le informazioni sono una cosa, la conoscenza è un’altra cosa: il problema è che Google mette tutto sullo stesso piano”.