Nel giorno dell’apertura del 71° Congresso Italiano di Pediatria in svolgimento a Roma fino al 6 giugno apprendo che uno dei temi che vi saranno dibattuti riguarda l’ipertensione in età pediatrica. Il problema esiste nella misura del 4%, come risulta da un’indagine condotto dal Gruppo di Studio per l’Ipertensione Arteriosa della Società Italiana di Pediatria su un campione di 8.300 bambini ma è sottovalutato dal momento che durante l’infanzia è raro che venga misurata la pressione.
“Un bambino iperteso sarà molto probabilmente un adulto iperteso, quindi a rischio di patologie cardiovascolari, che oggi rappresentano la prima causa di morte e di spesa sanitaria nei Paesi occidentali”, ha dichiarato Giovanni Corsello, Presidente della Società Italiana di Pediatria. “La prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento dell’ipertensione dovrebbero iniziare in età pediatrica, superando il preconcetto che l’età evolutiva sia esente da questa patologia. Misurazioni sistematiche della pressione durante la visita pediatrica, ma anche nelle scuole, possono evidenziare un numero non trascurabile di bambini con valori elevati e consentire un intervento precoce”.
In prima linea c’è l’alimentazione: gli zuccheri e più specificatamente il fruttosio presenti in molte bevande aumentano la concentrazione di acido urico nel sangue, ciò che in alcuni bambini può rappresentare un fattore di rischio dell’insorgenza dell’ipertensione. Secondo i pediatri, inoltre, bisogna agire sull’attività fisica e sulla riduzione del sale nella dieta, regole che valgono per tutti i bambini ma in particolare in quelli che presentano eccesso di peso, quelli nati piccoli per l’età gestionali, quelli che hanno familiari con l’ipertensione già acclarata e quelli che presentano elevati valori di pressione seppure sporadici.