Ho partecipato oggi a una conferenza stampa presso il Senato della Repubblica durante la quale è stata presentata una interessante e meritoria campagna di informazione e educazione in età pediatrica. La conferenza era organizzata dall’Associazione Persone con Malattie Reumatiche (APMAR) in occasione della imminente Giornata Mondiale delle Malattie Reumatiche ed ha visto la presenza di alcuni luminari della pediatria come il Prof. Fabrizio De Benedetti,
Direttore della Divisione di Reumatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, del Prof. Rinaldo Missaglia Presidente del Sindacato Medici Pediatri di Famiglia e il Dott. Serafino Pontone Gravaldi, Responsabile Nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri. Tutti hanno posto l’accento sulla necessità di informare riguardo le varie patologie che possono insorgere già in età pediatrica in un ambito, quello reumatologico, che generalmente viene associato all’età adulta, per non dire avanzata. La campagna di informazione in questione è basata essenzialmente sulla diffusione di un fascicolo a fumetti – dunque una modalità pensata e realizzata in funzione di una fruizione da parte dei giovanissimi – nel quale viene raccontata la storia di un bambino che manifesta dei dolori alle ginocchia, senza che ciò possa ricollegarsi ad un recente o remoto evento traumatico. La madre ritiene di farlo visitare al pediatra di famiglia che riscontra effettivamente un’anomalia nella situazione del bambino, prescrivendo una visita in un centro specialistico. Nel caso del bambino del fumetto, la diagnosi è un’artrite idiopatica giovanile, una patologia rara ma non troppo che consiste in una infiammazione della membrana che avvolge le articolazioni e che, se non viene individuata e curata per tempo, rischia di danneggiare prima la cartilagine e poi l’osso, quando non arrivare a provocare anche una infiammazione oculare. Altri sintomi da non sottovalutare, oltre quella evocata dal fumetto, sono la difficoltà nel camminare, nel manipolare gli oggetti, giocare o scrivere, che si esprimono soprattutto al mattino con il risveglio.
L’artrite idiopatica giovanile, ha detto il Prof. Fabrizio De Benedetti, è solo una, la più diffusa, tra le malattie reumatologiche che possono colpire i bambini. Ci sono anche il lupus eritematoso sistemico, la dermatomiosite giovanile, la sclerodermia, la spondiloartropatia giovanile e altre ancora, non tutte trattabili con terapie riconosciute e adeguatamente sperimentate.
Complessivamente, sono oltre 10.000 i bambini che ogni anno vengono colpiti da una malattia reumatologica con impatti problematici sia per loro che per loro famiglie e la comunità di riferimento – la scuola, gli amici – che non sempre è in grado di esprimere comprensione ed agire di conseguenza.
Antonella Celano, Presidente dell’APMAR, sostiene che “non è raro che i bambini che segnalano i primi sintomi della malattia non vengano creduti, si pensa ad una finzione motivata ad attirare l’attenzione ma i sintomi non devono essere sottovalutati.” E ha aggiunto: “Affrontare queste patologie tempestivamente e secondo i criteri di appropriatezza e sostenibilità è fondamentale e significa investire in salute, presente e futura. Non di rado i bambini con patologie reumatologiche hanno una qualità di vita che risente delle limitazioni imposte dalla malattia e richiedono un supporto e un coinvolgimento non solo sanitario, ma di tutti coloro che interagiscono, a diverso titolo, con i bambini, in particolare la scuola, ma anche nello sport.”
Tutto parte, ovviamente, dalle famiglie e dai pediatri: questi ultimi devono sapere cogliere quei segnali che possano portare all’individuazione di una patologia anche se rara e indirizzare verso i corretti centri di riferimento. Essendo ben consapevoli che una patologia come ad esempio l’artrite reumatoide, i cui sintomi vengono sottovalutati da ben tre quarti dei pazienti che ne sono affetti – è una malattia potenzialmente molto invalidante. Che però, nei bambini così come negli adulti, al suo esordio clinico non porta ancora con sè i germi della cronicità e che quindi, se individuata nella sua primissima fase, può consentire interventi precoci ed intensi che possono determinare la remissione e scongiurare la possibile evoluzione verso l’invalidità e le sue pesanti conseguenze.