Quanto l’uso di nuove tecnologie è adatto alla prima infanzia, quanto serve e quanto invece andrebbe evitato.
Da una domanda di uno dei genitori dei bambini che frequentano la nostra scuola, nasce lo spunto per affrontare una delle più grandi domande che i genitori di oggi sono costretti a porsi a proposito della crescita dei figli: quanto e come farli entrare in contatto con tutte le tecnologie che oggi riempiono la nostra quotidianità?
La rivoluzione in atto costringe educatori, pedagogisti e ricercatori ad interrogarsi circa i modi con i quali i bambini più piccoli si accostano a pc, tablet e smartphone. per indagare le strategie di esplorazione e apprendimento attivate nell’interazione con questi strumenti e per ridefinire ruoli educativi, contesti e prassi che possano rendere i bambini autori e costruttori del proprio sapere risulta necessario porre particolare attenzione alle modalità spontanee con le quali i bambini si avvicinano allo strumento e a quelle mediate invece dall’adulto e dai coetanei.
Tuttavia, prima di avventurarsi in qualsiasi forma di risposta, o di analisi, dovremmo cominciare a porci domande più semplici: cosa è la tecnologia? Perché noi adulti la usiamo tanto?
La tecnologia nel mondo odierno va sempre più configurandosi come un modo per abbattere le barriere fisiche, spazio temporali, che spesso si pongono davanti il nostro agire, rendendolo più difficoltoso. La tecnologia è quindi ciò che, nel corso degli ultimi decenni, ha sempre più modificato la quotidianità e dunque, pragmaticamente, la vita della nostra società, secondo la linea dei due assi cartesiani del tempo e dello spazio.
Mediante cellulari, pc, tablet, programmi e applicazioni veniamo costantemente messi in contatto con due dimensioni non fisicamente equiparabili dall’essere umano ovvero quella dell’estrema velocità e quella dell’estrema fonte di informazioni illimitate che possiamo reperire. La tecnologia modifica dunque i parametri di spazio e tempo rendendo il primo illimitato ed il secondo molto più infinitamente divisibile ed utilizzabile.
Se per noi adulti tutto questo risulta essere spesso facilitante, per un bambino diventa fonte di una confusione davanti alla quale esiste il reale pericolo della genesi di sensazioni di frustrazione.
Se ci sono due cose fondamentali delle quali ogni bambino ha bisogno nel delicato periodo della sua infanzia, sono infatti la lentezza e il senso di limite, che da sensazioni di contenimento e quindi di protezione.
Dobbiamo quindi privare i nostri figli di ogni tipo di tecnologia esistente? Che risultato ne avremmo? La risposta è no, non esporre i bambini a nessun tipo di impianto o dispositivo tecnologico sarebbe come non farli mai scontrare con le difficoltà o con gli ostacoli che ci si pongono davanti durante la nostra vita. Come spesso avviene, la risposta sta nel mezzo, ovvero in un’esposizione alle tecnologie controllata nel tempo, nel modo di utilizzo e soprattutto sempre mediata dall’adulto e che non venga utilizzata come un buon metodo di distrazione, intrattenimento o, peggio, di distacco dalla realtà che si sta vivendo. È importante inoltre che pc, cellulari, tablet etc vengano utilizzati come mezzi di rielaborazione di esperienze realmente vissute in ambiente naturale o sociale, o come possibile veicolo di comunicazione e condivisione di stati emotivi che si ha bisogno di esteriorizzare e condividere.
La tecnologia deve dunque essere (o tornare ad essere) per il bambino, ma dovrebbe esserlo in generale, per l’essere umano, un punto di arrivo e non di partenza, un mezzo di rielaborazione di esperienze reali e non, invece, far diventare quella virtuale l’unica esperienza di vita possibile, tantomeno la più frequente o facilmente fruibile.
Deborah E.