I maltrattamenti accorciano la vita

Nuovi studi e ricerche rivelano un aspetto fino ad oggi sconosciuto rispetto a ciò che sappiamo sui maltrattamenti ai bambini. Se infatti è assodato che essi siano destinati a lasciare un segno nell’età adulta dal punto di vista psicologico, non era altrettanto noto che gli stessi maltrattamenti, così come gli atti di bullismo e gli abusi, possano avere altre conseguenze come l’invecchiamento precoce,

uno stress cronico e persino maggiori possibilità di sviluppare patologie tra le quali l’obesità, cefalea, sindromi dolorose, asma, malattie cardiache e persino tumori. 

Gli studi sopracitati prevengono da diverse università, perlopiù americane, e sono state riassunte nel corso di una tavola rotonda dedicata ai diritti di bambini nell’ambito del 70° Congresso Italiano di Pediatria che nel momento in cui scrivo si sta ancora svolgendo a Palermo. Partiamo dalla minore aspettativa di vita conseguente a maltrattamenti subiti durante l’infanzia: se ne parla sulla rivista scientifica Molecular Psychiatry, rivelando che la ricerca è stata effettuata sulla base di interviste a 236 madri di bambini che sono stati maltrattati o hanno avuto shock di vario tipo. Ai bambini è stata quindi misurata la lunghezza dei loro telomeri, che sono piccole porzioni di DNA dai quali si può desumere la longevità degli individui, con il risultato che tali bambini avranno con tutta probabilità una vita più breve di 7/10 anni rispetto ai bambini che hanno avuto un’infanzia più serena. 

Secondo un lavoro pubblicato invece sul Journal of Behavioral Medicine, gli individui che hanno subito durante l’infanzia punizioni corporali, abusi e insulti hanno la probabilità di ammalarsi di cancro, disturbi cardiaci e asma per una volta e mezzo in più rispetto agli altri. 

Una ricerca della Washington University di St. Louis mette in luce le strette connessioni che ci sono tra i maltrattamenti, soprattutto se numerosi e cronici e alcuni disturbi psicologici e comportamentali che comprendono abuso di sostanze, incidenti e traumi, malattie sessualmente trasmesse, delinquenza e tentativi di suicidio. 

Nella tavola rotonda di Palermo si è parlato anche di abitudini ricorrenti da parte dei genitori nei confronti dei bambini neonati che possono avere gravi conseguenze. Si tratta della cosiddetta Shaken Baby Syndrome (SBS – Sindrome da bambino scosso), ovvero la pratica di scuotere violentemente i neonati per farli smettere di piangere. Tale pratica, ha affermato Pietro Ferrara, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Roma e Docente di Pediatria presso l’Istituto di Clinica Pediatrica dell’Università Cattolica del S. Cuore e l’Università Campus Bio-Medico di Roma, “è una delle principali cause di morte nel primo anno di vita per il 30% dei piccoli scossi mentre l’80% riporta gravi danni permanenti: emorragie cerebrali, disabilità, paralisi, cecità ecc.” 

Secondo Ferrara, il 75% dei genitori non sa che scuotere un bambino può essere molto pericoloso dal momento che fino al 5° mese di vita i muscoli del collo e il cervello non sono sufficientemente sviluppati. E non sa che il pianto del neonato, a partire dalla seconda settimana di vita, può essere non solo molto frequente ma anche inconsolabile…