I bambini e la primavera

La primavera è una stagione molto amata dai bambini che possono finalmente giocare all’aperto, approfittando anche delle giornate più lunghe. Ma benché bella, la stagione non è priva di insidie, come ci ricorda l’Associazione Amici del Bambino Malato Onlus che mi ha inviato una sorta di vademecum per la primavera dei bambini.

Che inizia da un dato positivo, quello per cui il bel tempo favorisce, come detto, il gioco all’aperto e l’attività sportiva, attività che agiscono come prevenzione dell’obesità, favoriscono il corretto sviluppo osseo, donano gratificazione e divertimento, consentono di esplorare l’ambiente, acquisire nuove esperienze e, nel caso dei giochi e sport di squadra, migliorano le capacità sociali attraverso la cooperazione con altri bambini. Qualche accorgimento, per le attività all’aria aperta, si rende necessario sopratutto per quanto riguarda l’esposizione al sole: anche se meno forte di quello estivo, il sole può essere pericoloso per i bambini e quindi è opportuno iniziare ad utilizzare le creme solari ad alta protezione, così come cappellini e occhiali da sole. I bambini, poi, non vanno né troppo coperti né subito scoperti al primo sole ma piuttosto vestiti a strati per proteggersi dai forti sbalzi termici che caratterizzano la stagione. Per quanto riguarda l’alimentazione si raccomanda di limitare il consumo di tutti quegli alimenti che possono essere all’origine di intossicazioni come il salame, gli insaccati, le conserve di frutta e verdura fatte in casa, le uova crude e le verdure non lavate. Attenzione anche alle gelaterie: è opportuno che il gelato artigianale venga acquistato in luoghi conosciuti, poiché derivati da uova crude e quindi potenzialmente responsabili delle intossicazioni da Staphylococcus aureus.

In generale, bisogna ricordare che l’arrivo della primavera non allontana del tutto i rischi di raffreddamento, che può verificarsi proprio in virtù dei repentini sbalzi di temperatura. Nei casi di raffreddore e di sintomi alle alte vie respiratorie, l’Associazione diffida ad utilizzare degli antibiotici che sono inefficaci nei confronti dei virus, indicati invece per le infezioni di origine batterica, come otiti e polmoniti. In ogni caso, al pediatra la giusta sentenza!

Bambini + cani = benessere

La Pet Therapy, ad oltre 60 anni dalla sua formulazione, è senz’altro una realtà acquisita nel campo della psicologia che ha dimostrato come una serie di tecniche e metodi, più o meno strutturati e basati sulla vicinanza tra gli animali di compagnia (pets) e gli uomini possa migliorare la salute e il benessere psicofisico di questi ultimi.

Altri studi, più recenti, si sono invece concentrati sul rapporto tra i bambini e i cani: è stato dimostrato come la presenza di un cane in casa produca effetti benefici sul sistema immunitario del bambino, proteggendolo contro patologie tra le quali l’asma e le allergie.  Vedere, per credere, i risultati di una ricerca condotta tra il 2002 e il 2005 da un istituto finlandese, il Kuopio University Hospital, pubblicata a suo tempo dalla rivista Pediatrics. I ricercatori hanno tenuto sotto osservazione 397 bambini dal terzo mese di gravidanza delle madri fino al compimento del primo anno di età: il risultato è che i bambini a contatto fin dalla nascita con un cane, sono stati colpiti da infezioni del tratto respiratorio in una percentuale inferiore del 31% rispetto a bambini che non ospitavano un cane in casa mentre un 44% hanno avuto meno frequentemente l’otite e hanno assunto meno antibiotici.

La vera novità al riguardo è invece rappresentata da una teoria in via di dimostrazione da parte di alcuni ricercatori della statunitense Arizona University per cui persino la stessa saliva del cane, pur contenendo germi e microbi come quella degli umani, potrebbe avere effetti probiotici e quindi positivi per la salute. In pratica, la saliva del cane viene paragonata allo yogurt, agendo come quegli stessi lattobacilli e bifidobatteri che vengono tanto promossi per le loro proprietà. La ricerca americana in questo caso prenderà in considerazione solo soggetti anziani ma se la tesi sarà dimostrata chissà quanti finora riluttanti ad adottare un cane, non cambieranno idea!

C’è botulismo e botulismo

Si sta svolgendo in questi giorni a Milano il 17° Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia (SITOX) che in questa edizione sta ponendo attenzione su una malattia rara ma estremamente rischiosa quando non addirittura letale quale è il botulismo. Che non è molto facile da individuare, perché i sintomi che la accompagnano non sono molto differenti da quelli che si manifestano per altre malattie di natura neurologica o infettiva.

Ma la cui origine, quella sì, è chiara: il botulismo è causato da un batterio chiamato Clostridium Botulinum che può trovarsi in alimenti contaminati oppure che non sono stati cotti abbastanza. Alimenti a rischio sono soprattutto quelli che vengono prodotti in casa per i quali non vengono assunte le necessarie misure igieniche, il che vale sopratutto per le conserve ma anche per le salse, per le patate che sono state cotte in fogli di alluminio e per la salse al formaggio. Del botulismo alimentare vengono colpite, in Italia, dalle 20 alle 30 persone ogni anno: i sintomi compaiono appena 12 ore dopo l’ingestione degli alimenti contaminati durante i quali la tossina prodotta dal batterio avrà raggiunto le terminazioni del sistema nervoso; se i sintomi non vengono riconosciuti in tempo utile per potere intervenire con un trattamento antidotico, il soggetto potrebbe andare incontro a complicazioni come l’insufficienza respiratoria. Ma è soprattutto in ambito preventivo che è necessario intervenire e uno dei consigli che giunge dagli esperti riuniti a Milano è quello di non fidarsi troppo delle istruzioni che si trovano su Internet per preparare le conserve in casa, poiché queste spesso non mettono abbastanza in guardia sull’estrema attenzione che bisogna rivolgere alla sterilità della conserva che può rischiare di alterarsi. Dal Convegno di Milano si segnala anche la differenza che esiste tra il botulismo alimentare, che ha origine dall’ingestione di tossine già prodotte e il botulismo infantile, che ha origine dalla presenza del Clostridium Botulinum nel tratto intestinale dei lattanti che hanno meno di 12 mesi di età e che producono e liberano le tossine all’interno dell’intestino stesso. In questo caso, i fattori di rischio sono rappresentati da un’alterazione della flora intestinale, o dall’esposizione ad ambienti che presentino un’alta presenza di polvere o ancora dal consumo di miele, che andrebbe introdotto nell’alimentazione del bambino solo dopo il primo anno di vita per potersi considerare sicuro. Come nel caso del botulismo alimentare, anche quello infantile può degenerare, se non individuato per tempo, in uno stato di arresto respiratorio o di coma. Attenzione, quindi, a sintomi come la costipazione, la difficoltà di suzione, al pianto flebile, all’alterazione dell’espressione del volto e alla letargia, che sono tipiche del bambino colpito da botulismo; in questi casi, è consigliabile recarsi al Pronto Soccorso più vicino per dissipare i dubbi o per favorire un intervento tempestivo ed efficace.

Impariamo a difendere l’udito

Oggi, 3 marzo, è l’International Ear Care Day 2015, una giornata che ogni anno promuove l’Organizzazione Mondiale della Sanità per sensibilizzare sui problemi che possono colpire l’udito e che in questa edizione pone particolare attenzione ai giovani e ai giovanissimi e ai fenomeni che possono compromettere la salute delle loro orecchie. Si è calcolato che ben 1 adolescente su 5 al giorno d’oggi viene colpito da un disturbo dell’udito, con una crescita del 30% negli ultimi 15 anni.

Una escalation che viene rapportata alle abitudini odierne dei ragazzi che usano ascoltare musica ad alto volume sui loro dispositivi MP3 o sugli smartphone o sottoporsi a regimi di volume eccessivo in discoteca o in occasione di eventi sportivi. Con il risultato che a rischiare, sempre secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono oltre un miliardo tra teenager e giovani adulti nel mondo. 

A questo proposito, il Prof. Antonio Cesarani, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Audiologia Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Presidente della Società Italiana di Audiologia e Foniatria (SIAF), spiega: “Ascoltare musica con le cuffie o trascorrere molto tempo in discoteche e pub rumorosi sono passatempi diffusi soprattutto tra i giovani. Si tratta di attività piacevoli, ma che possono portare a conseguenze negative per l’udito, se non gli si presta la giusta attenzione. Può infatti capitare che la musica possa raggiungere i 120 decibel andando oltre la soglia del rumore e rischiando così di produrre gravi danni uditivi, come dimostrato da numerose ricerche clinico-epidemiologiche”. 

Sempre il Prof. Cesarani spiega come salvaguardare l’udito prima che si verifichi il naturale invecchiamento del sistema predisposto: “I giovani non devono rinunciare alla musica o a divertirsi con gli amici, ma è sufficiente qualche piccolo accorgimento. Ad esempio, è buona norma abbassare il livello della musica del proprio smartphone e ridurre l’uso continuativo di MP3 a non più di 2 ore durante una giornata. Inoltre, quando si è in discoteca o in un locale rumoroso, bisogna rispettare la cosiddetta ‘regola dell’in&out’, prendendosi una pausa di un quarto d’ora ogni 90 minuti. Può capitare frequentemente, infatti, che all’uscita dalla discoteca i giovani avvertano una sensazione di pienezza o occlusione all’orecchio, associata a rumori e/o fischi (i cosiddetti acufeni): qualora il disturbo permanesse dopo 16 ore di riposo acustico, è consigliabile recarsi in un ambulatorio medico specialistico per effettuare le verifiche più idonee. In generale, quando si avverte un fastidio uditivo dovuto al troppo rumore è bene sottoporsi a un semplice esame audiometrico, della durata di pochi minuti, per valutare l’eventuale disturbo uditivo e individuare così la soluzione migliore al proprio problema”. 

Altri accorgimenti, contenuti in un’apposita guida realizzata dalla azienda Amplifon in occasione dell’International Ear Care Day 2015 con la consulenza dello stesso Prof. Cesarani, riguardano l’accortezza di abbassare il volume di MP3 o smartphone in modo da mantenere un livello che permetta di sentire le voci e i rumori circostanti, oltre a quella di non avvicinarsi troppo agli altoparlanti in discoteca, a un concerto o in un pub e di indossare protezioni uditive in ambienti particolarmente rumorosi come stadi e concerti. 

Va da sè che molti bambini, ad esempio, reagiscono ai forti rumori in maniera istintiva, coprendosi le orecchie con le mani e limitando così l’impatto sonoro. Presto, però, le loro orecchie sembreranno assuefarsi alla rumorosità e, se non ben educati al riguardo, andranno incontro al rischio di danneggiare le cellule nervose dell’orecchio interno, con conseguenze spesso irreversibili. Occhio, quindi, anzi: orecchio!

Come difendersi dalla “Svizzera”

Ogni anno ce n’è una nuova. Di influenza. Quella dell’inverno 2015 si chiama “svizzera”, o almeno così è stata ribattezzata quella che in realtà è una variante del virus H3N2 e si manifesta con febbre alta e dolore. La peculiarità è che, contrariamente alle influenze diffuse negli anni scorsi, la “svizzera” ha una maggiore capacità di diffondersi e rischia di mettere a letto bambini e adulti anche nel mese di marzo.

A meno che non ci si difenda adeguatamente, non solo con il vaccino (per chi lo ha già effettuato) ma anche e soprattutto curando la propria salute, a partire dall’alimentazione. La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale ha emesso un comunicato al riguardo, invitando i genitori a provvedere affinché l’alimentazione dei loro bambini sia completa, ricca di vitamine (la C e la E su tutte) e di sali minerali come il rame, lo zinco e il selenio, elementi contenuti soprattutto all’interno di frutta e verdura. Si raccomanda, inoltre, di rispettare la regolarità dei pasti, fin dalla colazione che non dovrebbe mai essere saltata e che dovrebbe provvedere a rifornire di un quantitativo di calorie pari ad un quinto della necessità giornaliera: la colazione ideale dovrebbe includere, secondo gli esperti, frullati di frutta (meglio se di arancia), pane o fette biscottate con marmellata oppure un uovo. Dopodiché è auspicabile che i bambini assumano più volte nell’arco della giornata le sostanze a loro necessarie per tutelare il sistema immunitario con alcuni accorgimenti relativamente all’assorbimento dei nutrienti, sapendo ad esempio che il ferro viene assimilato meno se assunto insieme alle fibre o in maggiore quantità se assunto insieme alla vitamina C. Se poi l’influenza colpisce ugualmente il bambino, la regola alimentare vale ancor più a ragione, quando egli tende ad avere meno appetito e di conseguenza assumere meno nutrienti di quanto gli sia necessario. Gli esperti della SIPPS, infine, si raccomandano di rispettare i tempi della convalescenza – l’influenza ha un decorso complessivo di una settimana – anche se la forma influenzale si manifesta in modo lieve o la ripresa appare particolarmente veloce. Ciò in virtù del fatto che il virus influenzale, finché attivo, predispone l’individuo all’attacco di altri microorganismi attraverso le vie aeree, provocando un allungamento dei tempi di guarigione o fenomeni di ricadute.

Carnevale, attenti al trucco!

È la festa più allegra e spensierata che ci sia ed è bene che resti tale. Per questo è opportuno riservare attenzione al monito della SIAAIC, Società Italiana di Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica che ha rilevato un utilizzo rischioso di trucchi cosmetici, soprattutto se non certificati, da parte di adolescenti e pre-adolescenti.

La SIAAIC fa sapere, infatti, che i casi di dermatite allergica da contatto stanno aumentando in modo allarmante e che possono essere ricondotti all’acquisto e all’applicazione di cosmetici-giocattolo low cost, come ombretti, rossetti, fondotinta e lip-gloss, la cui vendita cresce inevitabilmente in modo significativo proprio durante il periodo di Carnevale per i più diversi travestimenti. Vale la pena, quindi, seguire i consigli che dispensa la la Prof.ssa Erminia Ridolo, docente di Allergologia e Immunologia Clinica presso l’Università di Parma e membro della SIAAIC: “Dato che l’allergia da contatto non è infrequente nei bambini con dermatite atopica, sebbene la correlazione tra atopia e dermatite allergica da contatto non sia del tutto chiara, per evitare che si instaurino sensibilizzazioni da contatto, è consigliabile evitare utilizzo di prodotti cosmetici, che contengano i più comuni sensibilizzanti. Gli allergeni da contatto più frequenti nei bambini sono metalli come il nichel solfato, profumi, conservanti, derivati della gomma e, più recentemente, anche coloranti. Tutto questo è stato sottolineato da una recente review olandese”. Va aggiunto che quelle stesse sostanze che sono già responsabili della dermatite da contatto da cosmetici sono presenti anche in altri prodotti per l’igiene del corpo, quali saponi, shampoo, creme e lozioni, per i quali dovrà essere riservata altrettanta attenzione. Perchè come ricorda sempre la Prof.ssa Ridolo: “E’ molto importante ricordare che la dermatite allergica da contatto nei bambini non è rara, dovrebbe sempre essere presa in considerazione quando i soggetti presentino eczemi recidivanti. In tali casi i bambini dovrebbero essere sottoposti a valutazione specialistica, approfondimento diagnostico con patch-test, esame gold-standard per diagnosi di allergia da contatto c/o centri allergologici specialistici. Nel bambino con accertata diagnosi di allergia da contatto, è importante evitare l’utilizzo di prodotti contenenti la sostanza in causa”.

Vero e falso sui vaccini

Sui vaccini pediatrici e sull’annosa polemica sulla loro utilità o nocività, amplificata a partire dall’avvento di Internet, ho già scritto più volte in questo spazio. Torno a farlo per segnalare l’opinione di una autorevole esperta, la Prof.ssa Susanna Esposito, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Presidente WAidid, Associazione Internazionale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici

e President della SITIP, Società Italiana di Infettivologia Pediatrica. La Prof.ssa Esposito ha diffuso presso la stampa un testo nel quale illustra ciò che c’è di vero e falso su alcune convinzioni più o meno diffuse sui vaccini pediatrici.

È vero, prima di tutto, che sottoporsi al vaccino sia l’unico strumento per combattere le malattie infettive: il vaccino ha consentito di debellare il vaiolo, di ridurre drasticamente la presenza di tetano, poliomelite e difterite così come il morbillo, l’epatite B, la rosolia, la parotite e malattie batteriche come la meningite.

A chi sostiene che il morbillo non sia una malattia pericolosa e che vaccinarsi contro di esso non sia così necessario, la Prof.ssa Esposito controbatte che l’88% dei casi di morbillo registrati in Italia nel 2013 ha riguardato bambini o adulti che non erano mai stati vaccinati e che la mortalità ad esso legata è sempre elevata nei primi anni di vita, quando si possono manifestare complicanze respiratorie o encefalite. Da respingere anche la diceria per cui il vaccino contro il morbillo può causare autismo, nata circa quindici anni fa dalle ipotesi di un medico del Galles (Andrew Wakefield, da me già citato in una precedente news) poi radiato dall’Ordine dei Medici del Regno Unito ma la cui teoria (per sua stessa ammissione inventata per interessi personali) ha trovato una sponda nei detrattori delle vaccinazioni. In merito, tutte le pubblicazioni scientifiche internazionali sono invece unanimi nel documentare l’assoluta mancanza di relazione tra autismo e vaccini non solo contro il morbillo ma anche contro parotite e rosolia, così come il vaccino esavalente.

La Prof.ssa Esposito incoraggia l’utilizzo del vaccino antinfluenzale nei pazienti con malattie croniche, nei bambini e negli over 65, smentendo anche la vulgata secondo cui la vaccinazione possa comportare rischi nei bambini che non vadano oltre effetti collaterali di breve durata, come un po’ di febbre, mancanza di appetito, irritabilità o gonfiore del punto nel quale è stata effettuata l’iniezione; vi sono tuttavia dei casi, seppure molto rari, in cui un bambino si dimostri allergico ad un componente del vaccino ma in questo caso si può intervenire tempestivamente ed efficacemente purché la vaccinazione venga effettuata in ambulatori specializzati ed attrezzati.

I vaccini sono sicuri e non contengono sostanze cancerogene, afferma la Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica, ricordando anche come fino a qualche anno fa fossero ancora presenti nei farmaci dei piccoli quantitativi di mercurio, oggi del tutto assenti. E raccomandando i genitori dei piccoli “viaggiatori” di informarsi con largo anticipo sulla profilassi quando ci si deve recare con la propria famiglia in Paesi ad elevato rischio sanitario, segnalando come alcune malattie come l’epatite A e la febbre tifoide siano ancora piuttosto diffuse in Asia, Africa, Centro e Sud America e la meningite meningococcica per i ceppi A, C, Y, W in Africa e in Medio Oriente.

L’importanza del sonno

È in corso a Verona il XXVI Congresso Nazionale Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), che si conclude il 29 novembre. Tra i temi di cui si stanno occupando gli oltre 100 pediatri ed esperti del settore e più di 500 medici presenti c’è anche quello dell’importanza fondamentale del sonno per il mantenimento di una buona salute proprio a partire dall’età pediatrica. 

Si calcola che, durante la crescita, tra il 35 e il 40% dei bambini presentino problemi di sonno; premesso che ogni bambino è diverso dall’altro, gli esperti sostengono che in linea di massima i bambini fino a 12 mesi debbano dormire tra le 14 e le 18 ore durante il giorno e la notte, che in età prescolare debbano dormire tra le 12 e le 14 ore distribuite nelle 24 ore, tra le 10 e le 12 ore al giorno se frequentano la scuola elementare, tra le 8 e le 10 ore per gli studenti delle scuole superiori e tra le 7 e le 9 ore al giorno gli adulti. Sempre gli esperti ammoniscono sugli effetti che possono emergere quando il sonno regolare viene a mancare: si va dall’aggressività all’emergere di sentimenti antisociali, dall’iperattività alla depressione, dall’ansietà allo stress, dalla difficoltà di organizzazione a quella di memorizzare i compiti, dalla disattenzione alla riduzione degli stimoli creativi, dalla diminuzione dell’attività sportiva al rischio di obesità fino ad una maggiore esposizione alle malattie ove il sistema immunitario diventa meno reattivo. 

A fronte di questi rischi, i pediatri della SIPPS sensibilizzano su quella che viene chiamata “igiene del sonno”, fornendo una serie di consigli ai genitori su come aiutare i propri figli a dormire. Eccoli di seguito:

1) Nessun uso di video-gioco o del computer, di tablet o della TV 1 ora prima di coricarsi. No alla televisione in camera da letto;

2) Monitorare l’uso del telefono cellulare a letto;

3) No a coca cola o bevande con caffeina, a sostanze molto zuccherine o cibo piccante 3-4 ore prima di coricarsi;

4) Mantenere costante la routine del sonno;

5) No a esercizi fisici intensi almeno 1 ora prima di coricarsi;

6) Terminare la cena almeno 2 ore prima di coricarsi;

7) Assicurarsi che la camera da letto sia adeguata, confortevole per temperatura, luce, rumori;

8) Mantenere costante e regolare nel tempo l’ora della nanna e quella del risveglio;

9) Imparare a rilassarsi e ad abbandonare le preoccupazioni e lo stress;

10) Utilizzare un diario del sonno per verificare quante ore si dorme;

11) Convincere i bambini che è importante dormire bene;

12) Spegnere o evitare che siano a disposizione televisione, computer, tablet, telefoni cellulari nella stanza del ragazzo, per evitare che ne faccia uso spontaneamente durante la notte;

13) Per maggiore cautela, non lasciare in stand-by apparecchi elettrici (come il televisore) nella stanza durante la notte, spegnere eventuali router wireless. 

Da genitore, comprendo bene come non tutti questi consigli possanno essere applicati con la regolarità necessaria allo scopo. Tuttavia comprendo anche come eventuali problemi di sonno tra i bambini non debbano essere sottovalutati e vale la pena di capire e osservare se possano essere riconducibili ad una delle situazioni elencate.

Bambini e Farmaci

Un farmaco per adulti non può essere somministrato ai bambini, anche se in misura ridotta. Lo sostengono gli esperti della Società Italiana di Ricerca Pediatrica (SIRP) che stanno svolgendo in questi giorni il loro Congresso a Chieti e che hanno inserito il tema della farmacologia pediatrica ad centro della discussione. È calcolato che in tutto il mondo, il numero dei farmaci in pediatria studiati espressamente per essere somministrati ai bambini è inferiore al 50%;

Negli ultimi 10 anni, su 340 molecole approvate soltanto il 20% è stata testata sui più piccoli. È quindi una pratica ricorrente quella di somministrare farmaci “off label”, ovvero privi dell’autorizzazione per l’uso specifico nei bambini ma consentiti dalla legge 648/96 nei casi in cui non esistano farmaci alternativi. In questi casi, per il dosaggio, ci si regola sul peso corporeo del bambino, per ridurlo proporzionalmente rispetto alle indicazioni per gli adulti. Questa pratica, però, non tiene presente che i bambini non differiscono dagli adulti solo per il peso ma per specificità dell’organismo e del metabolismo. E poi ancora ci sono bambini e bambini: i neonati, ad esempio, hanno un fegato che ancora non è in grado di eliminare facilmente i farmaci mentre i bambini in età prescolare richiedono dosi più alte in virtù di un’aumentata capacità metabolica. I pediatri, insomma, evidenziano come sia in Italia che nel mondo la ricerca pediatrica sia poco praticata mentre si fa sempre più chiaro che i bambini non sono adulti in miniatura ma possiedono peculiari caratteristiche metaboliche che possono rendere rischioso l’utilizzo di farmaci per adulti, soprattutto se si tiee conto solo del peso corporeo.

In questi stessi giorni mi è arrivato un comunicato da parte di una Onlus che si chiama “Giù le mani dai bambini” e che in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia 2014 (il 20 novembre scorso) denunciano l’utilizzo degli psicofarmaci in ambito pediatrico senza che vi siano dei dati certi sulla loro efficacia, a fronte di potenziali gravi effetti collaterali.

“Quante risorse pubbliche – afferma il giornalista e portavoce di “Giù le mani dai bambini” Luca Poma – “sono state utilizzate per cure farmacologiche che non risolvono nulla, ma espongono i minori a rischi, e finiscono per negare ai soggetti interessati dal disturbo alternative terapeutiche non farmacologiche, pregiudicate dall’uso continuativo di questi prodotti? In nessuno degli studi fin qui pubblicati si espongono dati statistici sull’efficacia di questi farmaci. Quanti bambini e adolescenti sono stati a tutti gli effetti “curati” in via definitiva in questi anni? Non ci è dato saperlo. Manca qualunque dato che dimostri un concreto miglioramento nelle relazioni interpersonali e nelle capacità di apprendimento scolastico, o un aumento nell’autonomia e nell’autostima, obiettivi questi che erano alla base delle motivazioni che hanno giustificato la messa in commercio di questi psicofarmaci per bambini. L’unico dato davvero certo è il fatturato che hanno generato a favore delle multinazionali farmaceutiche che – in modo spregiudicato – continuano in tutto il mondo a basare una parte sostanziale del proprio business nello spaccio di farmaci psicoattivi e derivati delle anfetamine – prosegue Poma – che vengono somministrati a bimbi e adolescenti per migliorare le loro performance scolastiche o per normalizzare il loro comportamento troppo agitato, distratto o aggressivo”.

Obesità infantile, non abbassiamo la guardia!

I numeri sull’obesità infantile, in Italia come nel resto nel mondo occidentale, restano sempre impressionanti. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità e quelli dell’ISTAT (benché aggiornati al 2000) solo nel nostro paese circa il 4% dei bambini rientrano nella categoria degli obesi mentre il 20% è considerato sovrappeso.

Ancora più allarmanti i dati che sono stati forniti recentemente dalla Federazione Italiana Medici Pediatri secondo cui le percentuali salgono al 10% di obesi e al 30% sovrappeso. Le ragioni del fenomeno risiedono nelle “pessime” abitudini dei bambini italiani, specialmente  in campo alimentare: il 9% di loro non consumano la prima colazione, il 22% assume quantità eccessive di zuccheri, dolci, merendine e bibite (specialmente gassate) e non consuma a sufficienza e con regolarità frutta e verdura. Il 19%, infine, non fa attività fisica o sportiva. Le conseguenze dell’obesità nella fase infantile sono ben note e si manifestano, nella metà dei casi, in età adulta, comprendendo rischi di diabete, ipertensione, altre malattie croniche e complicazioni di tipo psicologico. 

Per contrastare l’obesità in età infantile, si segnala un’iniziativa patrocinata proprio dalla FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri): si chiama “SALTAinBOCCA”, è giunta quest’anno alla sua seconda edizione e prevede un percorso formativo gratuito da svilupparsi su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo pediatri, scuole, bambini e genitori in un programma di corretta educazione alimentare e promozione di una sana attività fisica. L’obiettivo di quest’anno è di raggiungere oltre ai medici pediatri, 8mila insegnanti delle scuole primarie di tutta Italia, 100mila alunni ed i loro genitori. Per maggiori informazioni sull’iniziativa: www.saltainbocca.it.