Allattare al seno fa bene

L’allattamento al seno è la prima forma di comunicazione che precede e condiziona le successive esperienze comunicative e relazionali. Se dunque esso favorisce certamente il legame tra la madre e il bambino, non meno importanti sono i vantaggi sul piano della salute e dello sviluppo del neonato, come ben evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’allattamento al seno è la prima forma di comunicazione che precede e condiziona le successive esperienze comunicative e relazionali. Se dunque esso favorisce certamente il legame tra la madre e il bambino, soddisfacendo il loro reciproco bisogno di stare insieme e consolidandolo, non meno importanti sono i vantaggi sul piano della salute e dello sviluppo del neonato, come ben evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Oltre a soddisfare i bisogni emotivi del bambino, infatti, l’allattamento al seno soddisfa appieno i suoi bisogni alimentari, offrendo un nutrimento perfetto e digeribile per il suo corpo.

Il latte materno, inoltre, contiene cellule vive e anticorpi che combattono i germi, proteggono il bambino dall’insorgenza di malattie respiratorie, gastroenteriti e otiti, oltre che dalle allergie e dall’obesità. Poppare latte dal seno materno, inoltre, aiuta il bambino a sviluppare correttamente la struttura mandibolare e le arcate dentarie. Ma i vantaggi non sono solo per il bambino: è infatti provato che allattare con il seno, consente alle madri di recuperare meglio e più rapidamente le conseguenze del parto, riduce i rischi di emorragie (nel lungo periodo anche dei tumori al seno e all’utero, nonché dell’insorgenza di osteoporosi) ad ha anche una minore incidenza di depressione post-partum rispetto all’allattamento artificiale.

La neomamma potrà avere già in ospedale tutte le informazioni e il sostegno necessario per allattare correttamente subito dopo aver partorito. Dopodiché è consigliabile che l’allattamento prosegua, senza ricorrere ad altri tipi di alimentazione, fino al 6° mese di vita, dopo il quale potrà essere mantenuto per un certo periodo, anche quando saranno stati introdotti gli alimenti complementari. Dopo aver lasciato l’ospedale, quindi, la madre potrà godere di assistenza e di informazioni sull’allattamento al seno, grazie ai servizi territoriali che da tempo sono impegnati per promuovere e incoraggiarne la pratica, sulla scia delle raccomandazioni sia dell’OMS che dell’Unicef.

La visione in 3D per i bambini

Tanti genitori si chiedono se possa essere dannosa, per i bambini, la visione di film in 3D. Il Ministero della Salute si è preso carico dell’argomento cercando di capire quali possano essere le conseguenze di una visione prolungata nei bambini e fino a quale età è consigliabile non esporre la vista al 3D. La Società di Oftalmologia sostiene poi che gli occhiali in 3D non provocano alcun danno.

Tanti genitori si chiedono se possa essere dannosa, per i bambini, la visione di film in 3D. Il Ministero della Salute si è preso carico dell’argomento cercando di capire quali possano essere le conseguenze di una visione prolungata nei bambini e fino a quale età è consigliabile non esporre la vista al 3D.

In primo luogo l’attenzione si è focalizzata sulla necessità di rendere l’utilizzo degli occhiali del tipo monouso per evitare eventuali rischi di infezione; per questo è stato richiesto obbligatoriamente che, in quanto occhiali, siano muniti di marchio CE come prevede la legge.

Il limite per i bambini viene consigliato perché “qualche disturbo di ordine funzionale, senza determinare danni o patologie irreversibili, può insorgere in soggetti di tenera età, sia perché ancora la visione binoculare non è presente o non è del tutto consolidata, sia perché essi possono essere affetti da strabismo o da ambliopia o da altro difetto visivo (diagnosticato o meno), sia perché possono trovarsi in fase di riabilitazione del visus”. Questi disturbi, secondo gli esperti del Consiglio Superiore di Sanità, “possono riguardare anche gli adulti qualora lo spettacolo, osservato in stereopsi, si prolunghi per un tempo eccessivo senza interruzione di continuità”.

Da queste osservazioni è conseguita la Circolare 12486 del 17 marzo 2010 – Ministero della Salute che esprime quanto segue:
Il Ministero della Salute ha emanato in data 17 marzo 2010, in seguito al parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità, la Circolare prot. 12486 “Occhiali 3D per la visione di spettacoli cinematografici”.
In tale Circolare viene sottolineato come sia stato rilevato che “in soggetti in tenera età in seguito all’utilizzo di questi occhiali può insorgere qualche disturbo di ordine funzionale (nausea, vertigine ed emicrania), senza tuttavia che si abbiano danni o patologie irreversibili. Tali disturbi sono generalmente legati al fatto che nei bambini più piccoli la visione binoculare non è ancora presente o non del tutto consolidata oppure perché possono sussistere difetti della vista”.
Viene, inoltre, posto in evidenza, come “gli stessi disturbi funzionali possono riguardare anche gli adulti se lo spettacolo osservato in visione stereoscopica si prolunga per un tempo eccessivo senza interruzione”.

In considerazione di quanto sopra vengono ribadite dal Ministero alcune importanti indicazioni:

• l’utilizzo di occhiali 3D è controindicato per i bambini al di sotto dei 6 anni d’età;
• l’utilizzo di occhiali 3D negli adulti va limitato nel tempo, per una durata complessiva non superiore a quella di un singolo spettacolo compreso l’intervallo;
• l’utilizzo di occhiali 3D deve essere garantito agli spettatori con fornitura del tipo monouso (in considerazione del rischio di un aumento di trasmissione di infezioni batteriche e virali derivanti da un’utilizzazione inadeguata del prodotto multiuso).

Quello a cui bisogna fare particolare attenzione è la presenza di alcuni sintomi persistenti e frequenti.
L’American Academy of Ophthalmology sostiene, infatti, che lo sviluppo della vista non possa essere compromesso dalla visione occasionale di un film o di un videogioco in 3D, ma che sintomi di affaticamento oculare e mal di testa possono emergere con maggiore facilità in bambini con problemi della vista quali strabismo e ambliopia (occhio pigro) e in chi ha problemi di percezione della profondità.
Ad oggi non disponiamo di studi sugli effetti a breve e lungo termine del 3D sulla salute degli occhi e sullo sviluppo oculare dei bambini. Il consiglio è quello di stare attenti ai propri bimbi nel caso sviluppino costantemente mal di testa, vista affaticata o non riescano a vedere il 3D, perché potrebbero essere segni di un problema della vista degno di approfondimento.

Allora è “allarme occhialini”? A tranquillizzare le famiglie interviene la Società di Oftalmologia (SOI) che sostiene che in realtà gli occhiali in 3D non provocano alcun danno all’apparato visivo. Le persone affette da penalizzazioni visive in uno dei due occhi vanno informate circa l’impossibilità di usufruire a pieno della qualità della visione 3D. Vanno poi reintrodotti i classici 15 minuti di intervallo tra un primo ed un secondo tempo. La SOI appare perplessa riguardo all’indicazione di limitare la visione 3D ai bambini sopra i 6 anni per queste motivazioni. Il senso di stereopsi e di visione binoculare, necessari ad apprezzare la visione in 3D, si sviluppano a 4 mesi d’età. I bimbi di 3 anni hanno una capacità automatica di accomodazione (messa a fuoco) 10 volte superiore rispetto ad una persona di 21 anni e questa caratteristica deve essere considerata una “protezione” positiva. Inoltre, portare i bimbi a vedere un film in 3D non è pericoloso ma può essere considerato un vero e proprio test di “provocazione” che produce precisa indicazione per l’effettuazione di una visita oculistica nel caso il bambino dimostri specifici disagi.

Insomma la Società Oftalmologica Italiana rassicura tutti i genitori: anche se hanno portato bimbi di età inferiore a 6 anni al cinema in 3D non hanno procurato alcun danno all’apparato visivo dei propri figli.

L’importanza delle favole nella vita dei bambini

La lettura delle favole è da considerarsi fondamentale fin dalla primissima infanzia. Anche se la favola ci sembra lontana dalla realtà, al contrario, affronta temi della vita quotidiana (separazione, crescita, autonomia, la fiducia in sé stessi) che permettono al bambino di identificarsi ed immedesimarsi con i personaggi stessi.

La lettura delle favole è da considerarsi fondamentale fin dalla primissima infanzia. Anche se la favola ci sembra lontana dalla realtà, al contrario, affronta temi della vita quotidiana (separazione, crescita, autonomia, la fiducia in sé stessi) che permettono al bambino di identificarsi ed immedesimarsi con i personaggi stessi. Le favole hanno sempre un lieto fine proprio per permettere al bambino di avvalersi di un senso di sicurezza e di fiducia, necessari per affrontare cambiamenti e/o separazioni.

Il bambino può infatti riconoscere e affrontare le sue emozioni, ritrovare la sua rabbia con il “lupo cattivo”, il suo coraggio e la sua voglia di crescita ed autonomia con il superamento di prove. Inoltre ogni favola porta con sé una morale che insegna regole e valori che il bambino apprende e con i quali può confrontarsi, imparando a distinguere la differenza tra il bene e il male e quello che può conseguire da una scelta. È per questi motivi che i libri possono diventare un valido supporto e aiuto per i genitori nell’affrontare i cambiamenti con serenità e per un buon processo di crescita e autonomia.

E quando il nostro bambino ci chiede di leggergli una favola prima della nanna?

Non dobbiamo assolutamente negargli questo momento che ha un valore non solo educativo e formativo, ma predispone il bambino ad un sonno più rilassato e tranquillo! E diviene un momento di pausa e di relax anche per la vita, spesso frenetica, del genitore. Inoltre, l’abitudine di raccontare una storia al bambino prima della buonanotte diviene un rito che rafforza il legame con mamma e papà, perché crea un momento intimo e sereno tra i genitori e il bambino ed è per questo che sarebbe bene che i genitori si alternassero, così da instaurare ciascuno un rapporto personale con il bambino.

Cosa fare quando si deve tornare al lavoro?

Un interrogativo che molti genitori si pongono quando devono rientrare al lavoro, è quello di dover affidare il proprio bambino alle cure di “altri” e devono scegliere tra i nonni, se presenti, una tata o l’asilo nido. La scelta spetta in primo luogo ai soli genitori che devono valutare serenamente e il più possibile senza pressioni esterne il da farsi.

La nascita di un bambino costituisce un periodo di adattamento della coppia ed implica numerosicambiamenti nei rapporti familiari, nel vissuto emotivo e negli aspetti organizzativi e pratici della nuova famiglia. Un interrogativo che molti genitori si pongono quando devono rientrare al lavoro, è quello di dover affidare il proprio bambino alle cure di “altri” e devono scegliere tra i nonni, se presenti, una tata o l’asilo nido.

Diverse dinamiche intervengono consciamente o inconsciamente nella scelta se sia meglio il nido, i nonni o la tata. La scelta spetta in primo luogo ai soli genitori che devono valutare serenamente e il più possibile senza pressioni esterne il da farsi.

I nonni sono una grande opportunità. Sono molto importanti nella vita dei bambini e stare con loro rappresenta per i piccoli un’esperienza spesso unica e insostituibile. Ai nonni è concesso (ma i nonni non devono esagerare) anche ciò che ai genitori non è permesso, come qualche vizio e attenzione in più. I bambini lo percepiscono e beneficiano di queste coccole extra senza che dal punto di vista educativo vi siano interferenze significative dal momento che i due ruoli sono molto diversi. Se i genitori sapranno non demandare troppo ai nonni ed i nonni si muniranno di grande buon senso, anche i bimbi più piccoli capiranno che alcune cose che si fanno con i nonni non si possono fare con mamma e papà. Con i nonni, poi, i genitori sono senz’altro più tranquilli sapendo che il loro figliolo sta con persone che gli vogliono benee che resteranno sempre un punto di riferimento nella sua crescita. La flessibilità negli orari è massima perché fanno parte della famiglia e, pertanto più disposti a coprire ritardi e contrattempi.

Occorre sempre valutare le capacità effettive dei nonni perché un bambino richiede molte energie e prendersene cura potrebbe essere alla fine un carico di lavoro troppo pesante per i nonni stessi. Ciò sarebbe negativo per loro in quanto si sentirebbero inadatti, ma anche per il bimbo che vedrebbe questo rapporto non certo piacevole e stimolante. I bambini hanno bisogno di socializzare e non sempre i nonni hanno la possibilità di soddisfare questo bisogno fondamentale, hanno bisogno di essere stimolati con “diversi linguaggi” e non sempre i nonni hanno a disposizione gli strumenti idonei.

Molto importante sarebbe, poi, considerare il tipo di rapporto fra le famiglie. Se vi sono conflitti non risolti e mancanza di fiducia, è bene evitare questa soluzione foriera di litigi fra nonni e genitori ed anche fra i due genitori. Anche un certo grado di invadenza da parte dei nonni potrebbe portare a non rispettare del tutto le direttive dei genitori, con tutti gli evidenti problemi che si creerebbero. Per ovviare a tutte queste situazioni sarà importantissimo che i due genitori stabiliscano delle regole chiare attinenti l’educazione del bimbo, proponendole nel modo corretto, con molto tatto, ai nonni, lasciando loro, comunque, un margine dilibertà di scelta e di autonomia.

La tata è una presenza rassicurante che segue e accompagna il bimbo per molte ore lungo la giornata. È, pertanto, una figura di riferimento costante che può permettere una personalizzazione degli orari come il Nido non può permettere. Offre al piccolo un rapporto esclusivo, quasi da vice-mamma, persona ideale per essere affettuosa con il bimbo, in grado di giocare con lui, preparata (lo deve essere!! ) e molto paziente. Risolve tanti problemi logistici: viene lei a casa per cui il bimbo non deve uscire alle sette e mezza cinque volte alla settimana “che piova o che nevichi” ; cura il bimbo quando è ammalato, è presente negli orari che interessano ai genitori, sbriga le faccende del piccolo, bagnetto e pappe comprese. Alla fine si può chiedere meglio ad una tata che non ai nonni di rispettare dettami educativi che siano stati decisi dai genitori, così come l’ottemperare a regole pratiche di gestione del bimbo.

Anche per la tata ci sono le stesse problematiche che per i nonni. I bambini hanno bisogno di socializzare e non sempre le tate hanno la possibilità di soddisfare questobisogno fondamentale, hanno bisogno di essere stimolati con “diversi linguaggi” e non sempre le tate hanno a disposizione gli strumenti idonei.

Spesso le tate devono anche tenere in ordine la casa e non riescono a seguire in maniera adeguata i bisogni del bambino.

La ricerca della persona giusta è veramente difficile !!!

È ormai riconosciuto che l’asilo nido non deve assolutamente essere considerato un “parcheggio”, è una esperienza formativa e relazionale. L’asilo nido si pone come un servizio di sostegno alla famiglia offrendo una risposta concreta ed attenta ai bambini nei primi tre anni di vita, mentre i genitori sono impegnati nel lavoro. L’asilo nido è un servizio educativo e sociale che favorisce, in collaborazione con la famiglia, l’armonicosviluppo della personalità del bambino, promuovendone l’autonomia e la socializzazione.

È un contesto socio-educativo, un luogo di allevamento e di vita dove i bambini fanno delle esperienze educative e i genitori trovano soluzioni di cura e di supporto, oltre che una condivisione della responsabilità educativa. Il nido è anche un luogo in continuo sviluppo e cambiamento.

La cultura pedagogica odierna si basa sul principio della diversità di ciascuno e mira alla valorizzazione della specificità, dei bisogni e dei percorsi di apprendimento dei singoli bambini. È un’occasione straordinaria sia per il bambino sia per la sua famiglia. Tra le varie funzioni del nido è importante sottolineare quella sociale, che media le possibili difficoltà relazionali, che supporta la famiglia nellaproblematicità del vivere quotidiano, che è di riferimento alla madre, anche contenendone e sostenendone le fatiche e i dubbi.

La frequenza di un buon asilo nido stimola e aiuta la crescita e lo sviluppo delle potenzialità del bambino in una fase dell’età fondamentale come quella dai 3 ai 36 mesi. La funzione dell’Asilo Nido, in stretta concertazione con la famiglia, assume quindi connotati di primaria importanza nella costruzione del rapporto di fiducia verso se stesso e di indipendenza che il bambino deve conquistare nei suoi primissimi anni di vita. Alla base della riuscita di questo progetto, risulta indispensabile la relazione con la famiglia, basata sulla collaborazione e la fiducia reciproche affinché il bambino possa beneficiare di un flusso dicontinuità affettiva, dal genitore all’educatore, che accompagni costantemente le sue giornate.

Generalmente le attività dell’Asilo Nido sono scandite sia da ritmi precisi, nel rispetto dell’esigenza diabitudinarietà che il bambino richiede, sia da attività più flessibili, programmate o modulate sulla base delle esigenze del singolo o del gruppo del momento.

Il gioco ha una particolare importanza nella vita del bambino, perché attraverso il gioco egli impara aconoscere il mondo ed è per questo che le attività ludiche occupano la maggior parte della giornata al Nido. Oltre al gioco libero, che stimola le libere esperienze del bambino, come l’esplorazione dell’ambiente circostante, la socializzazione con gli altri, il gioco individuale, vengono svolte anche attività strutturateguidate dalle educatrici, finalizzate ad un armonico sviluppo globale.

Le attività strutturate comprendono le manipolazioni, i giochi euristici, il gioco simbolico, le attività grafico-pittoriche, musicali, linguistico-cognitive e le attività di psicomotricità. Nel nido il bambino ha la possibilità di giocare con attrezzi e giocattoli di dimensioni molto maggiori di quelli che gli spazi domestici consentono, arricchendo così la sua abilità motoria e le sue esperienze con materiali e oggetti diversi.

Inoltre offre la possibilità di interagire con i coetanei, è qui che nascono le prime amicizie, insieme ai primi giochi di gruppo ma anche le prime passioni, le confidenze, complicità, conflitti e gelosie, litigi e grandi riappacificazioni. Il nido è uno spazio di gioco potenzialmente ricco e stimolante, di amore, di condivisione e soprattutto di crescita.

Il Nido è anche un luogo di crescita e di confronto del genitore, che affronta con il supporto e la condivisione di personale qualificato, le problematiche che deve affrontare nel percorso di crescita del figlio.

Naturalmente i contro dell’inserimento al nido nei primi mesi di vita sono esplicitati dai punti di forza dallo stare con i nonni o con una tata “professionale”, e dalla possibilità di ammalarsi con tutto ciò che ne consegue.