Educare alle differenze di genere

La scuola Nella Vecchia Fattoria ha inserito un progetto sulla differenza di genere all’interno di un più ampio progetto annuale. Per affrontare una tematica tanto vasta quanto spinosa e per fare emergere gli stereotipi, riconoscerli, criticarli e stimolare la riflessione perché la costruzione della propria identità passa attraverso i processi di identificazione di genere.

A partire dall’anno 2015/2016 la nostra scuola Nella Vecchia Fattoria ha inserito un progetto sulla differenza di genereall’interno di un più ampio progetto annuale, per affrontare una tematica tanto vasta quanto spinosa.

Ciascuno di noi, in quanto genitore, ha un’esperienza diretta sulle questioni di genere e di conseguenza ci ritroviamo ad aver sviluppato una nostra personalissima idea, che ci portiamo dietro e con la quale educhiamo i nostri figli, filtrando la realtà che ci circonda.

Dopo una seria riflessione in proposito, abbiamo capito come la nostra scuola non poteva sottrarsidall’affrontare un argomento tanto attuale, soprattutto dopo aver effettuato una attenta valutazione deicomportamenti dei bambini durante il gioco e nelle loro dinamiche relazionali.

L’obiettivo? Fare emergere gli stereotipi, riconoscerli, criticarli e stimolare la riflessione, perché la costruzione della propria identità passa attraverso i processi di identificazione di genere e perché, secondo noi, la scuola è il luogo ideale, vitale, per insegnare a vivere positivamente le differenze, quasi come unantidoto contro pregiudizi e luoghi comuni.

Ma come affrontare un argomento tanto complesso senza urtare le sensibilità e i modi di pensaredell’utenza?

Siamo partiti “in punta di piedi”, attivando un percorso partendo da un indagine esplorativa che ci ha permesso di portare alla luce le idee dei bambini rispetto ai modelli di ruolo maschile-femminile e ladifferenza di significato tra maschio-femmina.

Abbiamo usato la narrativa, materiale audio, materiale video, ma soprattutto abbiamo attivato un intensocanale comunicativo che ci ha permesso di verificare quanto i bambini siano legati al “pensare comune” rispetto alle differenze di genere.

Ma le “femmine” possono fare le stesse cose dei maschi? Questa è la madre di tutte le domande!

Era necessario affrontare questo argomento per aiutare i bambini ad uscire o non entrare in questistereotipi soffocanti e per iniziare abbiamo deciso di utilizzare il linguaggio più semplice ma sicuramente il più efficace: i film per bambini.

Quali? Quelli che raccontano la necessità delle eroine di affermazione e di ricerca della propria identità sociale, del riscatto da una posizione culturalmente umiliante e il bisogno di dimostrare che le donne possono fare tutto ciò che fanno gli uomini.

Tutte le protagoniste non aspettano il proprio principe su un cavallo bianco, sanno cavarsela da sole, non hanno bisogno di pizzi e crinoline per apparire belle e seducenti, sono donne in grado di affrontaresituazioni difficili mantenendo un grande spessore psicologico, sono intelligenti ed indipendenti artefici del loro destino.

Ribelle, Mulan, Pocahontas, la principessa Mononoke hanno tutte un carattere ribelle e contrario per natura alle costrizioni imposte dalle tradizioni, hanno molto coraggio e tanta voglia di dimostrare di non essere inferiori a nessuno.

E i maschietti come si sono sentiti di fronte a queste femmine così intraprendenti e volitive?

Per fortuna i bambini hanno ancora un intero mondo interiore da esplorare, non sono filtrati, disincantati ospaventati dalle “femmine” troppo intraprendenti, ma soprattutto non devono ancora fare i conti con l’emancipazione femminile che anche se lentamente si comincia a far sentire.

Il nostro intento non era di far loro cambiare idea, o di influenzarli ma semplicemente di farli riflettere su qualcosa di cui hanno, sicuramente un’idea, forse perché semplicemente appresa o perché archetipo.

Nel linguaggio semplice dei bambini, nella loro velocità di cambiare idea o opinione, nella loro immensacapacità di andare oltre le apparenze, abbiamo potuto fare un grande lavoro di sensibilità e accoglienza, in punta di piedi, senza dare fastidio a nessun credo personale delle famiglie, lasciando così a loro la fondamentale “ultima parola”…

L’ambiente di apprendimento

Il ruolo dell’ambiente di apprendimento è divenuto importante quando è stato riconosciuto che esso non poteva essere interpretato solo come un contenitore ma come una preziosa risorsa, organizzata in modo tale da sostenere l’attività esplorativa del bambino e l’elaborazione costruttiva e sociale del sapere, un soggetto protagonista e fondante del progetto pedagogico.

Oggi si sente parlare spesso di “ambiente di apprendimento” nell’ambito delle scienze dell’educazione. Ciò è dovuto ad uncambiamento di prospettiva in campo psico-pedagogico, lo stesso che ha fatto sì che la visione incentrata sull’insegnamento si sia spostata sull’apprendimento, concentrandosi quindi sulla figura dell’allievo e sui suoi processi di conoscenza del sapere, in particolare sulle situazioni da creare perché tale conoscenza avvenga in un contesto favorevole, scientemente organizzato.

Naturalmente lo spazio, ovvero l’ambiente di apprendimento, non è l’unico fattore da prendere in considerazione nel contesto di costruzione della conoscenza. Vi sono altri fattori, non meno importanti – dagli insegnanti agli allievi fino agli strumenti da utilizzare, siano essi culturali, tecnici o simbolici. Tuttavia, il ruolo dell’ambiente di apprendimento è divenuto importante quando è stato riconosciuto che esso non poteva essere interpretato solo come un contenitore ma come una preziosa risorsa, organizzata in modo tale da sostenere l’attività esplorativa del bambino e l’elaborazione costruttiva e sociale del sapere, un soggetto protagonista e fondante del progetto pedagogico.

L’ambiente di apprendimento, quindi, come “spazio d’azione“, il luogo dove interagiscono allievi e insegnanti, allievi e oggetti del sapere, luogo di esperienze tanto di tipo cognitivo quanto di affettivo, emotivo, interpersonale, sociale. Luogo dove l’apprendimento non va inteso semplicemente come acquisizione diconoscenza, in cui l’insegnante trasmette il sapere all’allievo, ma dove si stabilisce e si realizza un processoattivo e costruttivo. E dove quindi si parte, prima di tutto, dagli aspetti relazionali e comunicativi per poi introdurre altri elementi.

Ascoltare i bambini, fare emergere i loro bisogni, è il presupposto della creazione di un clima favorevole alla successiva creazione della “comunità” che vedrà i bambini scambiarsi punti di vista, esprimersi, condividereopinioni. Lo spazio andrà quindi differenziato e organizzato in modo tale che esso favorisca la fruizioneautonoma di ambienti e materiali e le modalità di apprendimento adeguate alle caratteristiche e ai bisognicognitivi sia dei singoli individui che del gruppo.

Materiali ed oggetti andranno sistemati in angoli-laboratori uno ciascuno diverso dall’altro che dovranno a loro volta essere identificati dai bambini in base alle loro caratteristiche: la riconoscibilità dei riferimenti farà sì che i bambini sviluppino il senso della permanenza e della continuità. Ciò non significa che gli angoli, una volta arredati e organizzati, non possano essere arricchiti o modificati nel tempo: ciò dovrà però avvenire in base a ciò che emergerà dalle singole attività così come dalla crescita dei bambini.

La predisposizione degli spazi di apprendimento deve avvenire in base a vari fattori che escludano sia lacasualità che l’improvvisazione. Essa deve essere invece effettuata con grande attenzione econsapevolezza, poiché l’esperienza dei bambini sarà connotata dal senso di ciò che faranno e vivranno in certi, determinati spazi.

Allargando il concetto di apprendimento all’acquisizione di capacità di esprimersi in autonomia e di acquisire sicurezza nella quotidianità, non sono da trascurare anche altri spazi della scuola, come quelli dedicati ai momenti di entrata e di uscita dei bambini, quelli di utilizzo dei servizi igienici e quelli del pranzoo della merenda. Infine, l’esterno: si tratti di un cortile o di un giardino, anch’esso è da considerare un luogo dove i bambini si relazionano tra loro, compiono esperienze e acquisiscono conoscenze in un contesto nel quale possono anche sperimentare la capacità di muoversi in spazi più ampi e di venire a contatto con il mondo naturale.

Il corpo in gioco

La corporeità nei bambini è un’esigenza naturale, ma è anche una necessità legata alla ricerca della propria identità: con il corpo i bambini entrano in relazione con gli altri, con il mondo, ricercano equilibrio tra esterno e interno, riconoscono e si riconoscono, imparano a bilanciare movimento e ascolto in una relazione fertile e fiduciosa.

Il corpo dei bambini è veicolo di emozioni e stupori, contiene vissuti e bisogni incessanti d’esplorazione e d’immaginazione, un patrimonio in continuo movimento e trasformazione: le domande e le curiosità si susseguono, anche quando non si è ancora capaci di esprimerle verbalmente.

È necessario, tuttavia, osservare come le aspettative, i ritmi del quotidiano, l’utilizzo avanzato delle tecnologie… generino talvolta fattori inibitori nel processo di conoscenza ed esplorazione del proprio corpo, veicolo di un intelligenza spesso relegata in secondo piano. La mancanza di un tempo-spazio dedicato algioco, scevro da interruzioni, rispettoso del suo libero fluire in un processo autonomo di scoperte motorie eapprendimenti, tende a rendere i bambini adulti prima del tempo, senza essersi conosciuti a fondo e senza avere sperimentato il piacere di definirsi e arricchirsi attraverso le proprie scoperte.

Il laboratorio “SpazioCorpo” dà spazio e tempo e quindi legittimità al linguaggio del corpo, rendendo i bambini più autonomi e fiduciosi del proprio agire, più capaci di controllare i propri impulsi e le proprieazioni, senza negare il loro bisogno di esprimersi attraverso il movimento.

La corporeità nei bambini è un’esigenza naturale, ma è anche una necessità legata alla ricerca della propria identità: con il corpo i bambini entrano in relazione con gli altri, con il mondo, ricercano equilibriotra esterno e interno, riconoscono e si riconoscono, imparano a bilanciare movimento e ascolto in unarelazione fertile e fiduciosa che, per svilupparsi, per crescere e prendere forma, ha bisogno di tempo equiete.

L’esperienza di quest’anno con i bambini di prima, seconda e terza sezione della scuola dell’infanzia ha creato uno spazio di condivisione e di integrazione, di gioco e acquisizione di nuove competenzecanalizzando, a poco a poco, la loro vitalità nell’apprendimento di strutture di gioco ritmico nelle quali la pulsione al movimento corporeo ha acquistato maggiore organizzazione e consapevolezza. I bambini hanno affinato la loro sensibilità e la loro capacità di percezione di sé e dello spazio esterno.
Nel rispetto delle competenze legate alle diverse età, hanno appreso l’alfabeto del corpo, hanno esplorato i suoi linguaggi, e hanno “parlato” con esso, provando a raccontarsi attraverso le multiformi evoluzionidettate dai cambiamenti del ritmo musicale.

All’interno del laboratorio i bambini hanno potuto svelarsi, comprendere meglio le proprie risorse e i proprilimiti, si sono misurati con gli altri e anche con l’attesa, liberandosi a poco a poco dall’ansia del risultato. La spinta creativa, presente in ognuno in forme diverse, la libertà espressiva conquistata, hanno permesso dicondividere emozioni, gioie e tensioni, creando un linguaggio riconoscibile, basato sull’agire, attraverso cui ogni bambino ha ricercato una modalità personale di relazione con il gruppo.

Il corpo a scuola è il primo strumento di conoscenza, di espressione e comunicazione. I bambini portano prima di tutto il loro corpo, con la sua storia raccontata istante dopo istante, giorno dopo giorno, prima ancora delle parole e del pensiero espresso.
Nei più piccoli è il linguaggio del corpo che comunica: gioia, tensione, benessere, malessere. Il movimento è un bisogno naturale, è lo strumento di conoscenza, di relazione e di gioco primario. La conoscenza del proprio corpo-strumento non è un processo astratto, ma una sperimentazione che si realizza attraverso l’educazione al movimento e all’ascolto.

La musica stimola l’emergere di una sensibilità individuale rispetto al ritmo, all’ambiente, accompagna leemozioni, mette in comunicazione l’un l’altro, determinando un piacere estetico e poetico.

Nello spazio ci muoviamo ricercando armonia, organizzazione, contagiamo i nostri stati d’animo, i nostrivissuti, le nostre fantasie, danziamo con esse, comprendiamo l’importanza del senso di appartenenza a un gruppo, alle sue regole e ai suoi bisogni, decentrando il punto di vista. Impariamo il piacere di “abitare” insieme lo spazio – la nostra “zattera magica” – che  diviene una pagina bianca sulla quale disegnare le nostre tracce, attenti a non urtare l’altro, mantenendo una “buona distanza”, rallentando se il ritmo è lento,rilassandoci se la musica suggerisce calma o scoprendo movimenti più veloci e coinvolgenti che richiedono sempre più precisione, più attenzione, per non perdere il ritmo, ritrovandoci poi fuori dal gioco, fuori dalla “zattera”.
Impariamo, attraverso la musica, a utilizzare gli oggetti: ombrelli, cappelli, foulard, magliette, palle, scarpe… proviamo il piacere di sentirci autonomi nell’agire, forti del fatto che il ritmo suggerisce, orienta, unisce,rassicura.

Il bambino è esploratore e l’ambiente è la fonte principale delle sue conoscenze. Il bambino lo sa: quando il corpo è fermo, anche la mente è ferma. Quando il corpo è in movimento, anche la mente lo è.

Cristina Baruffi

I capricci dei bambini

Oggi gli adulti si dichiarano sempre più spesso spiazzati e incapaci di fronteggiare i capricci dei bambini. Questa “nuova” difficoltà non nasce dai bambini ma dal rapporto che i genitori hanno nei confronti dell’autorità. Questa parola fa molta paura ai genitori, che oggigiorno tendono ad avere un atteggiamento amichevole con i propri figli, il più possibile paritario.

«Non esiste nessun bambino che faccia un capriccio quando si trova da solo. Perché si strutturi un capriccio, è necessaria la compresenza del bambino e di un adulto. I capricci, infatti, sono fenomenirelazionali. Nascono all’interno  della relazione, si svolgono all’interno della relazione e mirano (sia pure malamente) a modificare qualche cosa di importante nella relazione».

Lo dice Paolo Roccato, psicoterapeuta e psicoanalista.
«Il fatto è che i capricci si svolgono sempre su due piani: l’uno, quello esplicito, che coinvolge cose sciocche pressoché irrilevanti per entrambi; l’altro, quello importante, implicito, di cui entrambi non sono consapevoli, se non in modo piuttosto vago».

I più frequenti aspetti in gioco (visti dalla parte del bambino) sono i seguenti:

  • A) “Ho bisogno di un segno concreto del tuo amore per me, perché non sono sicuro che tu (in questo momento, o in questo periodo, o in ogni momento) mi ami”. Questo bisogno di rassicurazione sull’essere amato può dipendere da moltissime circostanze. Potrebbe essere che il genitore in quel periodo sia davvero distratto da preoccupazioni e problemi “da grandi”, che lo allontanano mentalmente e magari anche fisicamente dal bambino (…). Può essere che il bambino dubiti dell’amore dei genitori per lui, perché è in arrivo (o è già arrivato) un fratellino o una sorellina.
  • B) “Ho bisogno di sapere quanto potere ho io, sia in assoluto sia nella relazione con te”. Il potere è quella funzione relazionale che fa sì che un’altra persona faccia qualche cosa che altrimenti non farebbe. “Ho bisogno di mettere me alla prova”. Posso anche avere bisogno di verificare quanto tu accetti che anche io possa avere un po’ di potere su di te, e non solo tu su di me. Posso, infatti, essere angosciato sia se ho troppo potere sia se ne ho troppo poco. Ho bisogno di verificare quanto potere ho, da un lato per non sentirmi in balia soltanto di me stesso (cioè: non affidato a nessuno), e dall’altro lato per non sentirmischiacciato dalla prepotenza degli altri,te compreso. (…) Certi atteggiamenti realmente prepotenti, realmente “sadici”, nascono dall’incapacità di soddisfare in altri modi il fondamentale bisogno di sentirsiriconosciuto come soggetto.
  • C) “Ti segnalo che non stai gestendo adeguatamente il tuo potere con me, mentre io ho bisogno che tu lo eserciti adeguatamente, in modo più chiaro, coerente ed esplicito, così che io possa orientarmi meglio e trovare così sicurezza”. In questo caso, col capriccio il bambino provoca l’adulto, per poter avere la percezione di essere importante per lui. Gli segnala che ha bisogno che nelle interazioni con lui vengano attivate funzioni “paterne”, benevoli ma ferme, che sanciscano i limiti e le regole. Ha bisogno, in sostanza, che l’adulto gli dica “No”, con fermezza e con chiarezza. Spesso, quella di ricevere regole ben definite e vincolanti è un’esigenza di percepire attorno a sé un mondo in cui ci si possa muovere con una sufficientesicurezza, come potrebbe essere per noi adulti l’esigenza che si installino dei chiari ed univoci segnalistradali nel traffico convulso. La fermezza, la coerenza e la sensatezza nel porre le regole fanno parte dell’amorevolezza. E il bambino lo sente.
  • D) “Ho bisogno di sapere se la persona cui sono affidato è sufficientemente stabile e forte”.
    Poche cose sono così angoscianti per un bambino come il constatare che l’adulto cui è affidato è una specie di fragile marionetta in suo potere. L’insicurezza devastante che ne deriva talvolta viene dal bambino affrontata assumendo lui la parte di quello “forte”, che impone il proprio volere. Ma, inevitabilmente, lo farà come può farlo un bambino, senza gran che di esperienza di vita. Sarà, allora, una specie di caricatura di “forza” e di “sicurezza”. Tenderà, così, ad assumere atteggiamenti dispotici, dittatoriali, che rischiano addirittura di intimidire l’adulto insicuro, soprattutto se si sente per qualunque motivo colpevolizzato verso il bambino medesimo..
  • E) “Ho bisogno di sapere che non sono solo affidato a te, ma che ho anche un certo grado di autonomia da te”. (…) Quando un bambino sente preclusa ogni possibilità di riconoscimento delle sue proprie competenze e del suo proprio realistico grado di autonomia, è possibile che, prima di disperarsi del tutto, cerchi di “forzare” l’adulto con dei capricci.
  • F) “Ho bisogno di percepire me come soggetto della mia vita e ti segnalo la necessità che tu te ne accorga e che mi riconosca in questo mio bisogno”. Il bambino ha bisogno che sia sistematicamente riconosciutodagli adulti che si occupano di lui il valore del suo sentire, del suo pensare, del suo desiderare e del suovolere.
    (…) Per come si presenta il fenomeno “capriccio”, quasi mai i due che vi si trovano coinvolti (bambino e adulto) arrivano a cogliere e a “negoziare” il rapporto sul piano relazionale importante, che così rimaneimplicito: si fermano (quasi) sempre al solo piano di superficie, che, come entrambi più o meno chiaramente sanno, è pretestuoso. Questo ingenera frustrazione e rabbia in entrambi, sia mentre che si svolge la relazione del capriccio sia dopo, quando il capriccio è stato accantonato. Per fare questo, è indispensabileche sia individuato il piano importante implicito e che le interazioni proseguano su quel piano,abbandonando quello pretestuoso di superficie. (…) Attenzione: non tutto è “capriccio”. Ci sono espressioni eclatanti di angoscia disperata che non sono “capricci” e che sarebbe deleterio considerare tali. In esse, è differente la struttura relazionale: manca il livello superficiale esplicito concreto (come il gelato dell’esempio ricorrente).

Da sempre i capricci sono un problema che riguarda tutti i bambini e quindi tutti i genitori. Oggi però gli adulti si dichiarano sempre più spesso spiazzati e incapaci di fronteggiarli. Questa “nuova” difficoltà non nasce dai bambini ma dal rapporto che i genitori hanno nei confronti dell’autorità. Questa parola fa moltapaura ai genitori, che oggigiorno tendono ad avere un atteggiamento amichevole con i propri figli, il più possibile paritario. L’uso dell‘autorità ricorda un passato non troppo lontano, nel quale era normalecomandare i bambini a bacchetta e punire tout court i capricci. Purtroppo oggi si rischia di cadere nell’eccesso opposto, quello di permettere tutto (e quindi di tollerare capricci a oltranza) o di dare infinitespiegazioni sul perché di un ordine. È un errore: i bambini piccoli non sono in grado di capire le spiegazioni e vanno indirizzati in modo fermo. L’autorità in questo caso è il miglior modo di prendersi cura, il piùamorevole, perché manda questo messaggio: se anche tu sei smarrito e non sai cosa fare (e fai troppi capricci) ci penso io.

Stabilite voi i loro confini

Tutti i cuccioli, umani e animali, hanno bisogno di fortificarsi dapprima all’interno di piccoli spazi, che si allargano progressivamente con la crescita. Sono quasi dei confini territoriali, che significano “fin qui ti puoispingere, più in là no”.

Niente indecisioni

Quando decidete di dare uno stop, non tornate sui vostri passi e non cercate subito di consolarlo o di “risarcirlo” con oggetti o attenzioni speciali. Un ordine sbagliato è meglio dell’incoerenza. Se vi accorgete di aver ecceduto, avrete a disposizione altri momenti per essere gentili, teneri e comprensivi.

Le paure dei bambini

Le paure sono esperienze naturali e inevitabili per ogni bambino. Per superarle è indispensabile prima di tutto rispettarle e mai ridicolizzarle. Alcuni genitori rimproverano i figli, altri diventano iperprotettivi, altri ancora le sottovalutano. Dobbiamo, però, anche sapere che le paure dei bambini sono un fattore importante per la maturazione psichica e lo sviluppo della personalità.

Esistono diverse forme di paura. Esistono paure che nascono dall’educazione, paure condizionate dallo sviluppo e paure patologiche che necessitano di un trattamento terapeutico (fobie). Per lo più se parliamo di paura, parliamo di un’esperienza naturale per l’essere umano; essa possiede una funzione di salvaguardia e serve a garantire la sopravvivenza, si tratta di una preparazione psicologica e cognitiva necessaria per affrontare una situazione ritenuta pericolosa, esorta alla prudenza e aiuta a valutare realisticamente un pericolo.

Se non fosse stata elemento del corredo naturale, l’umanità non sarebbe sopravvissuta negli ultimi millenni. Le paure però, richiedono anche di essere superate e affrontarle consapevolmente, liberamente, mettervisi di fronte, presuppone fiducia nelle proprie forze. Elaborare una paura rafforza la stima in se stessi, con il formarsi e lo svilupparsi delle paure nel corso della crescita, i bambini attuano e perfezionano anche strategie per superarle.

Alla nascita, il cervello umano non è ancora in grado di reagire in maniera selettiva agli stimoli e di controllare i movimenti. Le reazioni sono globali, non specifiche. Là dove basterebbe un semplice movimento della mano o delle gambe è tutto il corpo ad essere coinvolto. Deve passare un bel po’ di tempo prima che un bambino impari a scacciare un moscone con un gesto della mano invece di limitarsi a scoppiare in singhiozzi.

Nelle prime settimane di vita non si è consapevoli dell’ambiente in cui si vive e non ci si considera separati da esso. Nella percezione globale che ha di sé e del mondo che lo circonda, il neonato fonde il proprio corpo con quello della madre. Quando le sue necessità vengono soddisfatte si sente sicuro e onnipotente. Se nessuno interviene a rassicurarlo resta preda delle sue emozioni. In seguito, quando inizia a differenziarsi dalla madre, incomincia anche a rendersi conto della propria vulnerabilità. Il progressivo sviluppo delle motricità e dell’intelligenza gli consente di fronteggiare alcune minacce e di coglierne di nuove. Ciò spiega perché nel corso dell’infanzia le paure cambino e ci sia una evoluzione durante tutto l’arco della vita.

Le paure dei bambini possono essere divise in tre categorie: le paure innate, presenti alla nascita; le paure legate alla crescita che appaiono a diverse età; le paure apprese in seguito ad eventi traumatici o indotte dall’ambiente di vita.
Rumori improvvisi, flash luminosi, movimenti rapidi, perdita dell’appoggio sono gli stimoli che spaventano i più piccoli. Sono paure innate che rientrano nella più vasta categoria dell’ignoto, dell’imprevisto, del non familiare: timori che nella loro forma originaria sono utili alla sopravvivenza. Un neonato di due o tre mesi, che comincia a distinguere il volto di sua madre, può spaventarsi se questa gli si avvicina indossando un paio di occhiali scuri. È pur vero, tuttavia, che l’attitudine dei genitori e le abitudini possono mitigare le paure innate. È noto a tutti che il miglior sistema per calmare un neonato è tenerlo tra le braccia, cullarlo, carezzarlo, parlargli teneramente.

Alle paure innate fanno seguito le paure legate alla crescita. Già nel secondo semestre di vita compaiono due paure nuove: quella degli sconosciuti e l’angoscia di separazione. Nel notare questo cambiamento c’è chi teme che il proprio bambino stia diventando meno socievole e più “appiccicoso”: prima sorrideva a tutti, ora non più; prima accettava di andare in braccio a chiunque, ora protesta se la mamma si allontana. Ma non si tratta di una regressione bensì di una crisi di crescenza. Queste nuove paure sono indicative dello sviluppo mentale del bambino: ora può cogliere differenze che prima non notava. In più si sta formando in lui un forte legame di attaccamento verso le sue figure protettive.

Quella degli animali è un’altra paura che compare nel corso dello sviluppo: tra uno e tre anni i bambini incominciano ad avventurarsi fuori dai propri limiti abituali e non tutti gli incontri che fanno sonorassicuranti. In questa paura si possono ravvisare tre paure innate: movimenti improvvisi, approccio estraneo, rumori forti. I cani rispondono in pieno a queste tre condizioni. Trattandosi di una paura normaleper l’età non è necessario fare pressioni particolari per contrastarla. Osservando le reazioni degli altri,abituandosi alla presenza dell’animale in condizioni pacifiche, la maggior parte dei bambini superanaturalmente questa paura, a meno che vengano aggrediti o non vivano qualche esperienza sgradevole.

Il buio è un’altra paura frequente tra i due e i sei anni. I neonati non hanno paura del buio perché alla luce si devono ancora abituare. Quando, però, intorno ai due anni e oltre si svegliano nel cuore della notte, magari dopo aver fatto un brutto sogno, e si trovano senza quei punti di riferimento che hanno di giorno, ecco che possono incominciare ad avere paura del “nero” della notte.

Un’ombra, uno scricchiolio, dei passi nel corridoio allarmano molto di più al buio che alla luce. La paura del buio, però, così come altre paure degli anni prescolari (mostri, temporali, streghe, fantasmi….) può assumere un valore metaforico, diventare cioè un contenitore di altre paure legate alla percezione della propria vulnerabilità, come quella di perdersiin un luogo sconosciuto o di non risvegliarsi più il mattino dopo. A partire dal terzo anno di vita l’immaginazione incomincia a lavorare e si costruisce i suoi scenari e le sue interpretazioni. I bambini siconfrontano con aspetti della realtà che prima non prendevano in considerazione: commenti sgradevoli,litigi degli adulti, malattie, scene impressionanti sugli schermi.

Alcune paure hanno origine da esperienze traumatiche (malattie, incidenti, morte di un congiunto). I genitori non possono impedire che certi eventi si verifichino, possono però cercare di rassicurare i bambini nei momenti difficili. Alcuni incidenti minori possono anch’essi provocare paura. Per esempio, un bambino che si diverte nell’acqua della vasca da bagno può, se l’acqua è troppo calda o se il sapone gli finisce negli occhi, sviluppare una paura per l’acqua oppure per la vasca da bagno. Analogamente, dietro alla paura di certi alimenti può nascondersi la paura di nutrirsi. Una madre che insiste troppo con il cibo può inconsapevolmente indurre nel suo bambino questo tipo di paura.

Sono esperienze naturali e inevitabili per ogni bambino. Per superarle è indispensabile prima di tuttorispettarle e mai ridicolizzarle. E, naturalmente, non alimentarle con i timori degli adulti.
Alcuni genitori rimproverano i figli, altri diventano iperprotettivi, altri ancora le sottovalutano. Dobbiamo, però, anche sapere che le paure dei bambini sono un fattore importante per la maturazione psichica e lo sviluppo della personalità.

Il Gioco Euristico al Nido

La parola “Euristico” deriva dal greco “heurisko”, che significa “serve a scoprire o a raggiungere la comprensione di”. Nel gioco euristico non c’è quindi un modo giusto o sbagliato di utilizzo del materiale: i bambini sperimentano il “fallimento” di un’azione solo quando cercano di far fare all’oggetto qualche cosa che la natura stessa dell’oggetto impedisce!

Il gioco euristico è stato formalizzato da Elinor Goldschmied (v. Goldschmied & Jackson, 1996). La parola “Euristico” deriva dal greco “heurisko”, che significa “serve a scoprire o a raggiungere la comprensione di”. Nel gioco euristico non c’è quindi un modo giusto o sbagliato di utilizzo del materiale: i bambini sperimentano il “fallimento” di un’azione solo quando cercano di far fare all’oggetto qualche cosa che la natura stessa dell’oggetto impedisce!

Vengono utilizzati, per questa attività, materiali di recupero come gomitoli di lana, tappi di sughero e di plastica, tubi di cartone, nastri di seta, velluto e pizzo, barattoli di metallo, scatole di vario tipo, messi a disposizione dei bambini perché ne scoprano e inventino diversi utilizzi.

Il materiale è contenuto in sacchetti di stoffa, a casa si possono usare i sacchetti e, una volta finita l’attività, si possono riporre. A scuola l’educatrice avrà cura di sostituire il materiale deteriorato onde evitare situazioni di pericolo per i bambini così come a casa ogni mamma potrà via via sostituire il materiale con quello che ritiene più idoneo per la curiosità del figlio.

Per evitare che i bambini si ritrovino tutti concentrati nel medesimo spazio, l’educatrice si preoccupa di preparare precedentemente l’attività, distribuendo gli oggetti in mucchietti separati o misti, saranno poi i bambini a scegliere l’oggetto da esplorare. Quando l’attività volge verso la conclusione, i bambini raccoglieranno gli oggetti dietro l’incoraggiamento dell’educatrice riponendoli nei vari sacchetti. Rimettere in ordine fa parte del gioco ed è una abitudine molto importante da fare acquisire ai bambini.

L’educatrice assume un ruolo marginale ponendosi in atteggiamento di osservazione, attenta a cogliere i messaggi dei bambini che possono trascorrere anche molto tempo concentrati, toccando, infilando, producendo suoni e rumori, mettendo in fila, rovesciando, facendo travasi.

In questo periodo (questa attività è stata ideata soprattutto per bambini d’età compresa tra i 12–24 mesi) è più vivo l’interesse per la scoperta e la sperimentazione degli oggetti, di come si comportano nello spazio a seconda di come sono maneggiati, di come possono essere messi in relazione tra di loro. Sicuramente con questa attività possono essere coinvolti e stimolati adeguatamente anche i bambini d’età maggiore. Il desiderio della scoperta è particolarmente intenso durante l’infanzia insieme al bisogno di autonomia, di percorrere strade personali e non preconfezionate dagli adulti, di imparare da soli, necessità fondamentale per assicurare al bambino uno sviluppo completo, che comprenda la gratificazione e la fiducia in se stessi. È quindi chiaro come non esista un unico modo per attuare il gioco euristico. Ciascun bambino ha il proprio. E grande merito del metodo è liberare la creatività, così fertile e straordinaria nei primi anni di vita.

L’importanza educativa del gioco euristico non si risolve nella semplice esperienza sensoriale. Infatti, attraverso il gioco euristico, un bambino ha l’opportunità di determinare le proprie azioni e le cause delle stesse e fare delle scelte autonome. E’ una attività di scoperta, di esplorazione e di ricerca, in cui i bambini possono sperimentare o scoprire il “senso” e il significato degli oggetti e dei materiali (naturali e non) messi a loro disposizione dagli adulti, in modo autonomo e libero da traguardi di riferimento. E’ una situazione di gioco che permette la conquista di competenze sociali attraverso il confronto e l’elaborazione dei conflitti, la cooperazione per l’uso e la gestione dei materiali. Facilita la maturazione dell’identità e dell’autonomia aumentando i tempi.

La manipolazione

L’attività di manipolazione risponde a molti bisogni dei bambini, stimola la loro creatività, sviluppa competenze sensoriali, motorie, cognitive ed espressive, favorisce la coordinazione oculo-manuale e sviluppa la manualità fine. Inoltre incoraggia i bambini a toccare materiali dalle consistenze insolite ed evidenzia il rapporto tra gesto e segno.

La manipolazione tattile è la prima forma di comunicazione del bambino ed è un linguaggio di amore e diconoscenza. Il termine manipolazione è utilizzato nella prima infanzia per indicare quelle attività che consentono al bambino di esplorare, di scoprire le caratteristiche dei materiali attraverso le mani e di creare.

Il bambino solitamente ama lavorare con i materiali plasmabili. Questo tipo di attività, oltre a procurargli un immediato piacere di tipo sensomotorio, gli offre un importante risvolto simbolico (ovvero il sentirsi protagonista nel modellare la realtà esterna) e lo avvia alla consapevolezza che ogni sua azione lascia un’impronta e questa è espressione di sé. I materiali plastici si prestano inoltre ad una duplice possibilità diespressione della sua affettività; infatti possono essere lavorati con dolcezza (lisciati, plasmati con i polpastrelli, smussati) oppure con violenza (penetrati con le dita e con gli oggetti.) ed in tal caso esprimere una carica di aggressività, che viene così canalizzata.

L’attività di manipolazione risponde a molti bisogni dei bambini, stimola la loro creatività, sviluppacompetenze sensoriali, motorie, cognitive ed espressive, favorisce la coordinazione oculo-manuale e sviluppa la manualità fine. Inoltre incoraggia i bambini a toccare materiali dalle consistenze insolite ed evidenzia il rapporto tra gesto e segno (causa ed effetto), offrendo diversi elementi che, pur non essendo “strumenti grafici”, permettono e rendono immediatamente visibile la traccia e il segno prodotto dalmovimento dei bambini.


Durante l’attività di manipolazione i bambini immergono le loro mani e la loro immaginazione nel materiale proposto, come ad esempio la creta, dove le mani si muovono, la materia si adegua ad esse e la lorocreatività si accende…! Il piacere dell’esplorazione, della trasformazione delle cose con l’azione delle proprie mani, fa parte della vita stessa dei bambini; i colori, i materiali plastici, quelli naturali e di recupero diventano strumenti importantissimi per sollecitare la scoperta e la costruzione di nuove modalitàespressive e di conoscenza del mondo.

Entrare in relazione con i materiali attraverso i sensi, organizzare le informazioni, trovare connessioni diforme, scoprire differenze, trasformare le cose sono alcune delle linee conoscitive preferite dai bambini. Leesperienze attraverso le mani e gli occhi attivano percorsi individuali e condivisi fra bambini.

Quando il bambino traccia dei segni o lascia delle impronte, inizialmente non ha di mira alcun risultato di carattere grafico o plastico, ma soprattutto cerca di saggiare la resistenza del materiale che si trova di fronte ha una gratificazione sensoriale. Successivamente inizia ad attribuire significati alle proprie creazioni.

L’educazione al tatto è importantissima nei primi anni dei bambini.

Il ruolo dell’adulto è una presenza interessata ed affettuosa ma non intrusiva, come dice B. Munari. Il suo compito è predisporre con cura l’ambiente, renderlo stimolante e confortevole, preparare i materiali più adatti alla manipolazione, in relazione all’età. Un attento osservatore delle dinamiche dei bambini che però sa tenersi in disparte per non influenzare la libera sperimentazione dei bambini.

Esprimersi attraverso il teatro

Il Laboratorio Teatrale è uno spazio privilegiato per liberare le immense potenzialità espressive dei bambini, e indirizzare le loro energie in un percorso di crescita artistica che influirà positivamente anche sulle capacità relazionali, favorendo una maggiore esposizione nei confronti degli altri e agevolando i rapporti interpersonali.

Il laboratorio teatrale a scuola è per i bambini una grande esperienza formativa e socializzante, prima ancora che artistica. Il Laboratorio Teatrale è uno spazio privilegiato per liberare le immense potenzialità espressive dei bambini, e indirizzare le loro energie in un percorso di crescita artistica che influirà positivamente anche sulle capacità relazionali, favorendo una maggiore esposizione nei confronti degli altri e agevolando i rapporti interpersonali.

Il Teatro, inteso come forma interattiva di linguaggi diversi: verbale, non verbale, mimico, gestuale, iconico, musicale, si configura come
prezioso strumento formativo, multidisciplinare e interdisciplinare.

Un laboratorio teatrale creativo per permettere ai bambini di giocare e comunicare attraverso i propri strumenti espressivi: voce, corpo, emozioni. Nel laboratorio si gioca ad inventare, creare, interpretare! Sarà stimolante, curioso e divertente sperimentarsi e giocare con le storie, la lettura teatrale, il movimento creativo e le improvvisazioni…inventare storie e rappresentare scene della realtà quotidiana.

Il piacere di giocare al teatro attraverso giochi percettivi, espressivi, di simulazione e di manipolazione, può rappresentare per il bambino e la bambina un’importante occasione di crescita in un contesto di gruppo non competitivo e protetto dove la curiosità e la creatività trovano spazio e prendono vita.

La finalità del laboratorio non è quella di insegnare a recitare, ma quella di creare situazioni nelle quali l’esperienza ludica assume il ruolo principale.


Il teatro è un’occasione di conoscenza che attraverso il fare e il giocare insieme agli altri, coinvolge e insegna a immaginare e a confrontarsi con ciò che è diverso da sé. Mettersi nei panni di… fare come se… fare finta che… costituiscono un esercizio semplice, ma indispensabile perché i bambini e le bambine imparino a guardare le cose e i fatti del mondo in modo originale, trasformando la realtà per capirla meglio.

Un laboratorio ideato come esperienza dove la creatività si manifesta liberamente, tra prove ed errori senza il timore di essere giudicati. La finalità è quella di favorire la motivazione e l’interesse a fare teatro per il semplice piacere di farlo, dando uno spazio di libertà dove cercare nuovi modi per sentire il mondo circostante attraverso la re-invenzione fantastica delle cose.


Uno spazio dove potersi esprimere, confrontare, mostrare agli altri come si è e non come si dovrebbe essere. Decidere, sbagliare e agire in un clima di sicurezza e di responsabilità, in un’atmosfera di gruppo non competitiva e di reciproco stimolo.

L’intento è quello di guidare i bambini, attraverso l’esperienza diretta. Usare il gioco di ruolo, la “creazione di un personaggio”, il “come se” delle emozioni e la comprensione dei vari piani che concorrono alla creazionedi una piccola improvvisazione.

Agendo, inoltre, sulle emozioni tocca le corde più profonde della vita affettiva, arricchisce gli strumenti linguistici, concorre alla formazione di una personalità armonica puntando sul divertimento.

Leggere che piacere!!!

Raccontare storie, portarle con sé come compagnie di viaggio, cercarne di nuove non è solo un modo per passare il tempo, è un modo per vivere meglio. Leggere promuove la consapevolezza di sé, dei propri bisogni e desideri come indispensabile premessa alla conoscenza degli altri. Leggere ad un bambino è più di un passatempo, è un momento unico ed irripetibile.

Raccontare storie, portarle con sé come compagnie di viaggio, cercarne di nuove non è solo un modo per passare il tempo, è un modo per vivere meglio. Leggere promuove la consapevolezza di sé, dei propri bisogni e desideri come indispensabile premessa allaconoscenza degli altri.

La lettura, in particolare ad alta voce, offre al bambino opportunità senza eguali :
• crea abitudine all’ascolto;
• arricchisce il suo mondo interiore e le sue conoscenze;
• aiuta a creare idee ed immagini mentali;
• permette di allargare le proprie conoscenze ed esperienze;
• costituisce un nutrimento genuino e stimolante.

I libri, le storie confortano, fanno ridere, aiutano a superare difficoltà, possono dare delle risposte a dubbi a volte nascosti, aiutano a capire più da vicino il proprio vissuto. Rendono i bambini liberi di esprimere paure, sogni, emozioni, pensieri, teorie fantastiche…..
La lettura educa alle emozioni.
Il bambino impara a riconoscere le emozioni, proprie e degli altri, nonché le esperienze che si strutturano a partire da quelle emozioni.
Dare un nome alle emozioni è importante, dunque, più “a futura memoria”, più per dare una specie di vocabolario, appunto, riassuntivo, cui potersi riferire in future situazioni analoghe.

Attraverso la risonanza emotiva indiretta si realizza non solo una validazione delle emozioni vissute dai personaggi della storia raccontata, ma anche (ed è questa la cosa più importante) una validazione delle nostre analoghe emozioni, delle nostre analoghe esperienze, di noi che ascoltiamo o leggiamo quella storia. E questa è una cosa veramente meravigliosa.

Nel racconto e nella lettura, il bambino si trova spinto a immaginare, a costruire, cioè, delle proprie personali immagini interiori, attivando delle rappresentazioni mentali della realtà narrata o descritta. La sua mente è spinta a rendere operante la creatività interiore. Crea, infatti, in modo personale, del tutto soggettivo, immagini mentali nuove; cosa che, con l’allenamento, favorirà l’attivarsi anche della creatività operativa, quella creatività, cioè, che gli consentirà di costruire nel concreto mondo reale esterno qualcosa di sia soggettivamente sia obiettivamente nuovo.

L’attivazione della fantasia favorisce la rappresentazione mentale della realtà anche in assenza della realtà medesima, col risultato che lo spazio mentale viene potenziato e arricchito, senza che vi sia impoverimento o diminuzione di valore per lo spazio reale esterno e per la realtà esterna.

Ascoltare o leggere storie favorisce l’arricchimento del mondo interno senza detrimento per il mondo esterno, ma con aumentate possibilità di integrazioni fra mondo interno e mondo esterno. Il bambino potrà, allora, con molta più facilità, vivere, per esempio, un’esperienza dolorosa o una frustrazione senza che per lui siano la fine del mondo: le sa riconoscere e collocare nelle prospettive di un mondo sensato.

Mentre ascolta e immagina storie, il bambino è indotto a rappresentarsi nella mente anche i differenti modi in cui possono venire strutturate le relazioni fra le persone nelle differenti situazioni di vita. Impara, così, le “regole” della vita relazionale e sociale: ci sono modi buoni e modi meno buoni, modi accettabili e modi inaccettabili, modi adeguati e modi inadeguati, modi raccomandabili e modi sconsigliabili, modi desiderabili e modi temibili.
Questo apprendimento è importantissimo per la socializzazione.

Per affascinare un bambino è importante che colui che legge sappia avvalersi degli “ingredienti necessari”: tono di voce, ritmo, pause…. e soprattutto è necessaria una buona relazione, un vero e reale desiderio di stare assieme, una grande voglia di ascoltarsi e di condividere con autentica complicità tale esperienza.

Leggere ad un bambino è più di un passatempo, è un momento unico ed irripetibile.

Esprimersi attraverso l’arte

L’incontro con l’arte ha per i bambini non solo lo scopo di farli familiarizzare con linguaggi e modelli artistici, ma soprattutto di suggerire percorsi creativi utili a comprendere il mondo circostante. L’esperienza artistica è entusiasmante per i bambini e i laboratori artistici sviluppano nel bambino l’irrefrenabile desiderio a creare curiose “opere d’arte”.

Il laboratorio espressivo è una delle strategie della scuola per promuovere nel bambino il piacere di fare. La didattica è mirata a favorire nel bambino il piacere della ricerca e dellasperimentazione nel campo. Si attribuisce molta importanza al clima relazionale affettivo, in quanto si è convinti che, soltanto se un bimbo si senteamato ed apprezzato, se si sente sostenuto ed incoraggiatopuò sentirsi libero di esprimere e rappresentare il suo mondo attraverso l’attività grafico pittorica.

Quando un bimbo dipinge o disegna ci regala piccoli sprazzi di se, di come interpreta il suo mondo, di come si sente le sue emozioni ecc.. Diventa quindi importante garantire nel laboratorio un clima relazionale ad alto valore affettivo fra il bimbo, i suoi compagni e l’insegnante.

La finalità del laboratorio artistico è quella di favorire un ambiente accogliente e stimolante dove permettere al bambino di esprimersi e comunicare attraverso i materiali artistici. È importante il processo di crescita e di apprendimento, non il lavoro prodotto; valorizziamo il processo che porta alla produzione.
Il ruolo dell’insegnante è quello di sostenere e stimolare i bambini nell’azione, aiutandoli a risolvere i piccoli problemi del fare, suggerendo loro nuovi modi di procedere e nuove tecniche da sperimentare senza intervenire direttamente sul loro elaborato.

L’insegnante inoltre è un grande osservatore delle dinamiche e del materiale prodotto, che analizzerà attentamente cercando di leggere ciò che bambino comunica per poi suggerire degli stimoli appropriati alle diverse situazioni.

La padronanza di spazi e materiali favorisce nel bambino l’opportunità di seguire tendenze e preferenze tecniche, ritmi di lavoro e tempi di esecuzione individualizzati. Muoversi autonomamente nello spazio li rende sicuri, autonomi ed importanti. I bimbi sono accompagnati a conoscere nuovi e diversi modi di rappresentare al fine di ampliare le conoscenze e favorire l’attività fantastica, immaginativa ecomunicativa.

L’incontro con l’arte ha per i bambini non solo lo scopo di farli familiarizzare con linguaggi e modelli artistici, ma soprattutto di suggerire percorsi creativi utili a comprendere il mondo circostante. L’esperienza artistica è entusiasmante per i bambini e i laboratori artistici sviluppano nel bambino l’irrefrenabile desiderio a creare curiose “opere d’arte”. L’approccio alle attività grafico-pittorico è un’attività piacevoleper il bambino, ma è anche l’avvio alla costruzione di un linguaggio personale per esprimersi, percomunicare.

Se la scuola si mette nella condizione di ascoltare, riconoscere e valorizzare il livello emotivo che accompagna ogni esperienza e scoperta dei bambini, potrà promuovere processi cognitivi vivaci e ludici, capaci di restituire all’arte il suo valore di suggestione fantastica.

Sperimentare le opere d’arte mette i bambini di fronte ad una molteplicità di problematiche che vanno ben oltre all’aspetto artistico: la rappresentazione grafica o pittorica include una seria analisisull’organizzazione spaziale, un “dare forma” al pensiero, l’attenzione alle piccole cose , ai particolari … costruendo un vero  e proprio metodo scientifico.

Grazie a queste esperienze, i bambini si avvicineranno ad un mondo che parla un linguaggio universale.